Milano – Il quartier generale delle riunioni era negli uffici di via Vittor Pisani 10, in zona stazione Centrale, era quella l’effettiva sede di una vera e propria struttura organizzata, dotata di uomini e di mezzi, in cui venivano discussi gli affari della ‘ndrangheta, in particolare del gruppo guidato da Giovanni Morabito, 59 anni, figlio del boss Giuseppe, detto U’ Tiradrittu, finito in carcere (41 le richieste di arresto dietro le sbarre avanzata dalla Dda), nell’operazione scattata ieri mattina.
I dettagli della sede milanese e della modalità e di azione della costola al nord della organizzazione emergono dall’ordinanza firmata dal gip di Milano, Domenico Santoro. Dentro quegli uffici, in una zona di Milano centralissima e occupata sostanzialmente da studi di professionisti, si svolgeva la preparazione e la realizzazione delle "plurime attività illecite, ma anche di incontro (e di creazione di legami) con una serie di professionisti, imprenditori, o anche solo prestanome, funzionali al perseguimento degli scopi del sodalizio". Incontri di cui, tramite trojan, si è riusciti a intercettare il contenuto.
In una conversazione, ad esempio, che risale al 23 giugno 2020 si prospetta un’operazione relativa al “business dei rifiuti”, proprio nell’ufficio di via Vittor Pisani ci sono vari soggetti collegati alla ’ndrangheta. Il commento di alcuni degli indagati, si evidenzia nel provvedimento, è efficace meglio di qualsiasi altra considerazione: "A San Luca una concentrazione così alta di persone non ce l’avevi... poi altri due, poi altri due, poi altri due. Viene la Finanza che vuole un documento, ma un documento qualunque...entra, guarda tutte ‘ste persone e dice scusate mi date un attimo i documenti? E siamo rovinati".
La presenza di Morabito, emerge dalla conversazioni che si tengono al telefono e all’interno degli uffici nel marzo del 2021 "diviene essenziale in relazione ad ogni progetto del sodalizio del quale è, ovviamente, informato e, soprattutto, si adopera per operazioni come la realizzazione dell’impianto green economy di Roghudi (Reggio Calabria, ndr), dei lavori con il bonus 110, mettendo a disposizione dell’associazione le proprie conoscenze all’interno dell’amministrazione comunale di Roghudi e le competenze professionali di un funzionario ministeriale (ai trasporti, non indagato, ndr) che offre le sue competenze nel settore Ecobonus e bonus 110".
Ma il figlio del boss interviene, "soprattutto quando è necessario evitare contrasti che potrebbero richiamare l’attenzione investigativa sugli uffici di via Vittor Pisani 10". Nell’ordinanza del gip Santoro, il 59enne viene indicato, nel capo d’accusa, come colui che "sovrintende ed avvalla l’organizzazione di tutte le attività illecite e le strategie imprenditoriali del sodalizio mafioso" occupandosi in prima persona di interessi nel settore dei carburanti, dell’intermediazione e gestione dei rifiuti, sia in Lombardia che in Calabria, di appalti pubblici oltre che "sovraintendere le riunioni con appartenenti ad altre famiglie di ‘ndrangheta o ad altre organizzazioni criminali".