
Alcol a fiumi, spesso droga, un’abitudine alla violenza mutuata dai videogiochi: sono le caratteristiche delle bande che calano sul Naviglio e colpiscono locali e clienti
Milano, 27 aprile 2019 - Gang giovanili provenienti dall’hinterland che imperversano sul Naviglio Pavese, con il corollario di risse, minacce e violenze. A confermarlo, nella notte fra il 25 e il 26 aprile, sono i titolari dei locali lungo via Ascanio Sforza e l’Alzaia del cosiddetto “ramo povero” dei Navigli. La maggior parte, alla vista del taccuino, parla solo con la garanzia dell’anonimato: c’è chi paventa «ritorsioni feroci» o una forma di «pubblicità negativa di cui non sentiamo francamente il bisogno», spiegano. Fabio Ferrari, responsabile della pizzeria “Vai che ce n’è di più” è uno dei pochi che ha il coraggio di ammettere i problemi e di metterci la faccia. «Negli ultimi mesi sono successi episodi inquietanti - spiega - entrano in azione, soprattutto nei weekend, delle gang di italo-stranieri che agiscono con la logica del branco e fanno scoppiare risse per un nonnulla». Il 7 aprile uno studente universitario di 18 anni è stato aggredito sull’Alzaia mentre era in compagnia della fidanzata e di altri due amici. Ad accanirsi su di lui otto ragazzi italo-marocchini che l’hanno mandato in ospedale perché non aveva una sigaretta da offrire loro. Ma il caso più sconvolgente risale a due mesi fa e riguarda il titolare di un pub, a cui è stato puntato il coltello alla gola da una banda che voleva bere gratis nel suo locale. Ci ha comunicato che a breve cederà il suo pub a un altro gestore perché «non si può venire a lavorare con la paura che ti possa succedere qualcosa di grave». Il problema delle bande non è una novità: il 13 maggio dell’anno scorso Alessio Angelini, socio del pub “Brass Monkey”, rimase ferito gravemente al volto per un coccio di bottiglia usato da uno degli affiliati di una baby gang.
I gestori decisero di prendere di petto la situazione inaugurando un servizio di una decina di steward, pagati di tasca propria, il sabato sera su un tratto dell’Alzaia. Non sono guardie giurate, solo bodyguard di una certa prestanza fisica. Fra i promotori dell’iniziativa Gianfranco Suma, titolare di “Ps Cocktail and Beer”: «Partita come sperimentazione, la presenza dei buttafuori è diventata fissa. A distanza di un anno il bilancio è positivo: certe persone indesiderate non le abbiamo più viste. All’inizio eravamo solo in otto ad aderire, adesso siamo in 13 locali. Spendiamo circa 50/60 euro a sera ma ne vale la pena». «La situazione da noi è un po’ migliorata da quando ci sono gli addetti alla sicurezza», conferma Francesco Marotta, il titolare de “La Fontanella” che aggiunge: «Basta? Credo di no. Al di fuori dell’area controllata, lungo il Pavese succede di tutto. Vogliamo le pattuglie di polizia o carabinieri. Il più forte deterrente per i malintenzionati rimane la divisa». Ma chi sono i membri delle gang? I gestori li descrivono come giovani italiani e stranieri, in trasferta a Milano dai paesi della provincia e con tanta rabbia e alcol in corpo. La maggior parte avrebbe fra i 16 e 20 anni. Un gestore di un ristorante ne fornisce un ritratto quasi sociologico: «Sono il risultato della brutta convergenza fra adolescenza, sballo e oblio. Sono maleducati, prepotenti e arroganti. Anche ai miei tempi si faceva a pugni ma per una ragazza, adesso è diverso. Se la prendono in gruppo contro uno solo. La loro è una violenza senza senso, come quella di un videogioco». Sono in tanti a chiedere, oltre al decollo della pedonalizzazione, un progetto di marketing territoriale per il rilancio del Pavese che vive un complesso di inferiorità nei confronti del vicinissimo Naviglio Grande, sempre affollato di turisti e milanesi anche nei feriali. Quasi un mondo glamour a parte.