MARCO MANGIAROTTI
Cronaca

E' morto Nanni Svampa, cantore della milanesità: unì testi popolari e impegno

Dalla Bocconi ai Gufi: anticipò artisti come Jannacci e Gaber

Nanni Svampa davanti a un tram: due simboli della milanesità

Milano, 28 agosto 2017 - Nanni è Milano che canta. Non solo a teatro e negli album ma nei dodici volumi dedicati alla canzone milanese e lombarda, di città e di contado. Nella vita di ogni giorno. Nato nel 1938 a Porta Venezia, Svampa cresce nel quartiere dei palazzi signorili e delle case di ringhiera, delle botteghe e degli empori che si ispiravano, in piccolo, alle gallerie parigine e alle vetrine della Rinascente. Artigiani, trattorie, il tram a cavalli per Monza che diventa elettrificato, i cafè con dehors alla parigina e le orchestre da ballo anche in matinée (canti e chitarre da osteria).

Con il miraggio paterno del posto in banca, si laurea in Bocconi ma fonda gruppi goliardici e poi i Gufi con Magni, Brivio e Patruno (1964). Conoscono il teatro leggero, i francesi e il jazz, scrivono canzoni di satira politica e sociale («Si può morire»), cantano due secoli di Resistenza, convivono con il teatro canzone di Strehler e Fo, fondano il cabaret milanese, anticipano di poco la generazione di Jannacci e Gaber (Paoli e De Andrè), Cochi e Renato. Ma soprattutto portano la scena milanese in tv. E i loro album spiegano tutto: Il teatrino dei Gufi, Il cabaret dei Gufi, Il teatrino dei Gufi in tv.

Nel 1969 i Gufi si sciolgono davanti al nuovo che avanza, Svampa lavora al repertorio delle Canzoni dell’osteria (E mi la donna bionda, Se g’han de di, L’oselin de la comare, L’uva focarina) che lui frequentava sui Navigli e nei vecchi quartieri. Al pari dei più importanti teatri cittadini. Traduce magnificamente in milanese Brassens: «La vocation», «La Cesira», «La Ginetta», «El gorilla». E in italiano, poi, «La balilla», «Porta Romana», «Faceva il palo (nella banda dell’Ortica)» il suo stare fra Jannacci e Gaber. «Si può morire» è l’impegno satirico di quegli anni nella canzone milanese, «A l’era un sabet sera» è un lampo fra la mala dell’Ornella e della Monti e il primo Jannacci (quello che andava in tram). «Lavorava a la Fotogalvanica el sonava a la Filodrammatica: l’hann trovaa in de la roggia Bertonica, non sapeva spiegare il perché. Ohej, come l’è che non sapeva spiegare il perché? Eh, per forza...a l’era sabet sera e l’era ciocch tradii: gh’era passaa la voeuja de ’ndà cà a dormì». La chiave fra Jannacci e Fo è solo sua: l’osteria. Nanni Svampa non declina l’impegno politico del colto popolare, da Cantacronache a Strehler, ma il popolare popolare. Lui sta fra la gente comune quando non è in teatro o in tv. Come Brassens, ricordando la sua vecchia Milano, donne, gorilla, fantasmi e lillà.