MARIO CONSANI
Cronaca

Morta dopo le dimissioni: medico condannato

Incinta all’ottavo mese, 40enne venne rimandata a casa dal Pronto soccorso della clinica “Pio X“. Omicidio colposo: 4 mesi di reclusione

L'ospedale San Pio X

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Milano, 1 febbraio 2021 - Nessuno forse poteva prevedere la rottura dell’utero. Però il medico di turno al Pronto soccorso sbagliò nel rimandare a casa quella donna incinta di 35 settimane che gli si era presentata molto dolorante. Tutto normale, le disse dopo gli esami. Lei invece morì nel letto durante la notte insieme al suo bimbo.

Ora, dopo cinque anni, il tribunale ha condannato il dottore a 4 mesi di reclusione (pena sospesa) per omicidio colposo e aborto colposo: per prudenza, avrebbe dovuto trattenerla in ospedale una notte. Assolta, invece, l’ostetrica. La tragedia prese il via nell’ottobre 2015 alla clinica San Pio X. Katia Simeone, una 40enne all’ottavo mese, morì nove ore dopo essere stata dimessa dalla struttura dove si era presentata d’urgenza per forti dolori addominali. Opposti gli esiti delle consulenze tecniche depositate dalle parti. Il giudice Ambrogio Moccia dispose allora una perizia d’ufficio sollecitata anche dal legale della famiglia, l’avvocato Luigi La Marca. Già in fase di indagini, invece, la Procura aveva chiesto l’archiviazione sia per il medico di guardia nella clinica che per l’ostetrica, ma il gip Laura Marchiondelli aveva disposto l’imputazione coatta.

Nell’ordinare l’accusa, aveva spiegato che le dimissioni della donna erano state «improvvide», perché la paziente doveva essere quantomeno trattenuta «in osservazione». Condotta, per il gip, «che avrebbe consentito loro di intervenire tempestivamente e adeguatamente per contrastare la rottura dell’utero in corso, evitando in tal modo la morte della donna e del suo bambino». Nello stesso modo ha deciso ora il giudice Moccia. Il medico - scrive nelle motivazioni - «avrebbe assolutamente dovuto trattenere in ricovero ospedaliero la donna, perché, anche se l’anamnesi non aveva fatto emergere la complicanza (...) anche se dagli esami nel quale a breve (troppo breve!!) lasso di tempo nel quale era stata osservata non erano emersi particolari campanelli d’allarme, quella paziente che era stata accompagnata d’urgenza perché preda di dolori ad evidenza insopportabili, era da tenere ancora in osservazione».

Per i consulenti tecnici della Procura, invece, quando arrivò alla clinica con quei forti dolori all’addome, «non vi era indicazione alcuna a trattenere in osservazione la paziente, né vi era ragione di procedere per ulteriori accertamenti». Dall’indagine scaturita dalla denuncia dei parenti di Katia era emersa anche la «sparizione» di un’ecografia, per la quale era stato aperto un fascicolo parallelo. Ma non era poi stato possibile risalire all’autore della “cancellazione“.