Infortuni sul lavoro, protesta all'Inail: "Controlli? Impossibili senza personale"

In Lombardia carenza fino al 30%, picco fra i vigilanti: "Qui il 37.6% degli infortuni mortali"

Morti sul lavoro a Villanterio

Morti sul lavoro a Villanterio

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Alessandro Brigo e Andrea Lusini, i due operai morti asfissiati mentre in una vasca alla Di.Gi.Ma. di Villanterio, nel Pavese, sono le ultime due vittime in un anno nero per la sicurezza sul lavoro. Nel 2021 una scia di lutti, dal Varesotto alla Bergamasca, seguiti ogni volta da appelli dei sindacati e proclami della politica. L’Inail ha siglato nei giorni scorsi con Assolombarda un protocollo per rafforzare la lotta agli infortuni ma, al di là degli impegni, l’istituto che ha fra i suoi compiti anche quello della "prevenzione dei rischi lavorativi" finisce al centro di una protesta sindacale in Lombardia proprio per la carenza di personale. Un ingranaggio della macchina dei controlli che rischia di incepparsi. "Le fuoriuscite hanno visto ridursi negli ultimi anni il personale in forza, oramai ben al di sotto i limiti di tollerabilità", si legge in una lettera che i sindacati lombardi Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Pa, Confsal e l’Associazione Nazionale Medici Inail hanno indirizzato ai vertici nazionali e locali dell’Istituto per l’assicurazione contro gli infortuni.

La Lombardia, anche per effetto dei pensionamenti anticipati con quota 100 senza turnover, registra una "carenza media pari al 21% del fabbisogno, ma in diverse sedi si arriva a sfiorare il 30%". Il tasso di carenza più alto si registra fra i medici (28%) e il personale addetto alla vigilanza (30%). Quello più basso (15%) tra i dirigenti. Così l’obiettivo di rafforzare le attività anti-infortuni rischia di rimanere sulla carta, visto che manca il personale per l’ordinaria amministrazione. "Nel dettaglio, analizzando unicamente i dati del 2020 si riscontra che in Lombardia sono state effettuate il 28,4% delle denunce d’infortunio (oltre 110.000) del totale nazionale, se poi si analizza il dato dei casi con esito mortale si giunge alla raccapricciante percentuale del 37,6% (oltre 250 infortuni mortali) del totale nazionale", si legge nel documento dei sindacati. "Questo drammatico dato si è tradotto per le sedi in un ulteriore aggravio di lavoro considerato che la trattazione sanitaria e amministrativa degli infortuni Covid è più complessa e laboriosa". I dipendenti si sentono quindi "trascurati" e "umiliati", chiedono concorsi e assunzioni. Uno spaccato di problemi - comuni anche ad altri enti in prima linea come l’Ispettorato del lavoro – che rendono la prevenzione un’utopia. A livello nazionale, mentre il dato sugli infortuni resta stabile, gli incidenti mortali sono cresciuti del 9.3% rispetto al 2020: in 4 mesi già 306 morti sul lavoro, in un triste bilancio che ancora non comprendeva casi più recenti come la morte dei due operai nel Pavese. "Le probabilità che un’azienda finisca al centro di un controllo a sorpresa sono bassissime – spiega Roberta Turi, segretaria generale della Fiom-Cgil di Milano – e le sanzioni sono troppo basse per costituire un vero deterrente". Sulla stessa linea anche Vittorio Sarti, segretario generale della Uilm lombarda, che rilancia la richiesta di incrementare i controlli, anche su quegli incidenti non mortali che segnano per sempre chi li subisce. Appelli che si susseguono da anni, ma restano sempre lettera morta.  

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