Morte di Imane Fadil, cresce l’ipotesi della malattia rara

Milano, 28 marzo 2019 - Non è emersa nessuna «macro evidenza» dall’autopsia sul corpo di Imane Fadil, la testimone chiave dei processi Ruby morta per cause da accertare lo scorso primo marzo all’Humanitas di Rozzano, dopo un mese di agonia.

«Ci aspettavamo di trovare esattamente quello che ci si aspetta da una persona che è stata a lungo ricoverata», spiegano gli investigatori della Procura, lasciando intendere che il primo esame autoptico non ha evidenziato «nessuna causa visibile per elaborare al momento una diagnosi». Ci vorranno diversi giorni per analizzare i tessuti prelevati, per avere i risultati degli esami tossicologici che potranno orientare la procura di Milano che indaga comunque per omicidio contro ignoti. Scartata l'ipotesi dell’avvelenamento provocato dalla radioattività, considerato che il livello di metalli trovato nel corpo non sarebbe ritenuto mortale, aumenta l’ipotesi che a uccidere l’ex modella sia stata una malattia rara, ma nulla ancora può essere escluso. La Procura, il fascicolo è nelle mani del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dei pm Luca Gaglio e Antonia Pavan, ha affidato le analisi agli esperti di Medicina legale, tra questi l’anatomopatologa Cristina Cattaneo ma ci vorrà un mese, salvo proroghe, per conoscere i risultati ufficiali degli accertamenti richiesti. Non si esclude, neppure, che la diagnosi potrebbe non essere mai formulata con precisione, vista la complessità della cartella clinica di Imane Fadil.  Intanto la famiglia dell’ex modella marocchina chiede verità. Il fratello e i genitori non si rassegnano alla tragicità di una morte senza risposte. Tra le varie ipotesi, non si esclude neppure che la morte sia dovuta a una colpa medica, uno di quei casi sfortunatissimi in cui per la complessità della malattia i medici, pur validi, non riescano ad arrivare in tempo.