
Un intervento in una foto di repertorio
Milano, 11 dicembre 2019 - Morì per un raschiamento all’utero, l’intervento provocò una perforazione e il conseguente decesso della donna di 40 anni per dissanguamento. Ieri la madre e il compagno della vittima, quest’ultimo nell’interesse della figlia piccola, si sono costituiti parti civili nell’udienza preliminare, davanti al gup Roberto Crepaldi, a carico di tre ginecologi dell’Humanitas. I medici furono indagati a seguito di accertamenti che dimostrarono come durante l’intervento che doveva essere di routine, dopo un aborto spontaneo, alcune manovre provocarono una perforazione. I medici non riuscirono a bloccare l’emorragia e così si arrivò al decesso. Il giudice ha rinviato l’udienza al 7 aprile prossimo per consentire ai medici di formalizzare proposte di risarcimento. I legali delle parti civili sono gli avvocati Marco Leanza e Cinzia Vitelli. A chiedere il rinvio a giudizio per i tre medici è stato il pm Mauro Clerici, titolare dell’inchiesta per omicidio colposo nata dalla denuncia del compagno della donna morta il 12 aprile 2018.
Lo scorso anno la 40enne perse il bimbo che portava in grembo in modo spontaneo alla nona settimana di gravidanza. Su consiglio della sua ginecologa di fiducia, si recò all’Humanitas per il raschiamento. Durante l’intervento, ci fu una complicazione, la perforazione dell’utero, che le causò l’importante emorragia. I tre medici, però, non sarebbero stati in grado di gestire nell’emergenza. Avevano proceduto con le trasfusioni di una serie di sacche di sangue senza capire, però, che per salvare la donna andava asportato l’utero al massimonel giro di mezz’ora. Quando, poi, avevano deciso di procedere con la isterectomia, cioè la rimozione dell’utero con la tecnica della laparotomia, era ormai troppo tardi. A nulla è servito l’intervento dell’equipe di chirurgia generale della clinica di Rozzano. Quello che doveva essere un banale intervento chirurgico si è trasformato in una tragedia.