Milano, quel preside che mandò gli studenti a zappare la terra: “Le pene alternative funzionano”

L’ex preside di Albe Steiner e Boccioni: "A casa rischiamo di perderli, occupandoli in attività li responsabilizziamo e apriamo un dialogo"

Il preside che mandò gli studenti a zappare la terra

Il preside che mandò gli studenti a zappare la terra

Milano – All’Educandato statale Setti Carraro una sospensione da due a quattro giorni per avere occupato la scuola può essere commutata in un percorso di studio: si leggono saggi sulla libertà e i suoi limiti, a partire da “On liberty“ di John Stuart Mill. A deciderlo saranno gli studenti, che però in un comitato del collettivo A112 contestano sia la sospensione di massa di 54 studenti, sia "l’opzione di poter convertire le ore di punizione in attività “a favore della comunità scolastica”. La lettura dei grandi classici del pensiero liberale per “educarci al rispetto delle libertà individuali”: o punizione o assimilazione”. “Siamo noi a sentirci lesi nel nostro diritto di avere una scuola che ci educa ad avere uno spirito critico, permettendoci anche di sperimentare pratiche conflittuali”, rivendicano.

Le pene scolastiche alternative

Le “pene scolastiche alternative” erano state sdoganate già dai ministri Fioroni e Gelmini, che le avevano integrate nello Statuto degli Studenti e delle studentesse. E sono state recentemente ribadite dal ministro Valditara. Anziché allontanare da scuola, via libera a volontariato in classe, lavori di segreteria, pulizia dei locali, piccole manutenzioni, riordino di cataloghi e di archivi. Si possono proporre corsi di formazione su tematiche di rilevanza sociale o culturale, o si “espia la colpa” con elaborati “che inducano lo studente a uno sforzo di riflessione e di rielaborazione critica di episodi verificatisi nella scuola”. Come successo al Caravaggio, dove tra i “compiti educativi” di riparazione per l’occupazione, si scrive (o si fa arte) a partire dall’azione compiuta e da “Psicologia delle masse e analisi dell’io” di Freud o da citazioni di Pasolini.

L’intervista al preside Domenico Balbi

"Le sospensioni servono a poco: rischiamo che i ragazzi si isolino ancora di più a casa, fra social e videogame, e di perderli proprio. Molto meglio fare scontare i giorni di punizione tenendoli impegnati a scuola in attività educative alternative". Domenico Balbi aveva applicato questa formula sia all’Istos Albe Steiner che all’artistico Boccioni nei suoi anni milanesi (oggi è preside in un istituto di Palma Campania, in provincia di Napoli). "Recentemente i lavori socialmente utili sono stati istituzionalizzati anche dal ministro Giuseppe Valditara, ma effettivamente sono stato un pioniere: in accordo con gli organi collegiali li avevamo inseriti anche nel regolamento interno, nel 2017", sorride, rispondendo al telefono.

Suscitò molto clamore la sua decisione di mandare gli studenti indisciplinati dell’Albe Steiner a zappare...

"Vero, mi chiamarono anche in tivù. Ma le assicuro che sia i diretti interessati che le famiglie non si sono mai lamentati, anzi. Sono partito da una mia esigenza: stare a contatto con la natura. E anche se eravamo a Milano ho pensato di avvicinare i ragazzi a questo tipo di esperienze perché la fretta che si vive nelle grandi città spesso non ti porta a riflettere su quello che fai. All’Istos Albe Steiner c’è un ettaro di terreno: ho pensato di creare giardini e orti (ho portato anche api e gallinelle) e di renderli vivibili coinvolgendo i ragazzi".

Anche quando sgarravano... La colpa dei primi sanzionati?

"Fumavano negli spazi scolastici. Invece della multa di 27 euro mi è venuta l’idea dei lavori socialmente utili. Li accompagnavo in giardino, dove c’erano ancora gli scarti di costruzione degli anni Novanta e pezzi di calcinacci. Abbiamo rimosso il materiale, poi ho ridisegnato lo spazio con un agronomo, abbiamo spostato un ulivo spettacolare che non riusciva a crescere perché sotto un altro albero e abbiamo cominciato con l’orto".

Come l’hanno presa le famiglie?

"Benissimo, mai una contestazione. Sa l’unico problema qual è stato? Quando rimproveravo i ragazzi, loro mi indicavano il docente di turno che invece accendeva la sigaretta. Ho avviato procedimenti disciplinari e una causa civile per fare capire che le regole valgono per tutti anche se è finito in niente perché ufficio scolastico e sindacati ai tempi si sono messi di traverso. Per me, però, era doveroso farlo. I docenti sono i primi a dare l’esempio".

Altre pene alternative?

"Il sistema era collaudato: appena imbrattavano i banchi mi chiamavano i collaboratori scolastici. Non volevo pulissero i bidelli perché mi interessava responsabilizzare i ragazzi. Che quindi investivano la loro ricreazione sistemando il banco. Piccole cose. Ma si prendevano cura della loro scuola. Li ho impegnati in lavori socialmente utili anche in una casa per anziani vicina all’Albe Steiner".

E dopo le occupazioni?

"All’Itsos non ce ne sono state, ma mi è capitato quando ero al liceo artistico Boccioni. Nella nottata erano entrati esterni e avevano imbrattato le pareti e la scalinata interna. Per prima cosa ho fatto ripulire il possibile. Avevo anche proposto una multa di 25 euro per ciascuno dei ragazzi, perché passasse il messaggio educativo che chi sbaglia paga. Ma il consiglio d’istituto era contrario. E c’era chi replicava che non aveva partecipato all’occupazione. Ma non si era neppure opposto, non aveva fatto nulla per impedirla".

Li avrebbe sanzionati lo stesso per l’occupazione in sé?

"Quando succede, quello che possiamo fare noi dirigenti è avvisare le forze di polizia. Che dovrebbero allontanarli, ma si evita sempre lo scontro. E quindi ai dirigenti viene chiesto di fatto di mediare. Con i docenti abbiamo creato momenti e percorsi per riflettere sull’accaduto, a partire dalla scala nuova che era stata imbrattata. C’è chi ha capito e chi ha continuato a pensare fosse più bella con quel murale inguardabile. Ma bisogna sempre cercare il dialogo e il confronto con gli studenti".

All’Educandato Setti Carraro hanno dato un’alternativa alla sospensione: un elenco di letture sulla libertà e i suoi limiti. Approva?

"I lavori alternativi, se fatti bene e sei anche i docenti si lasciano coinvolgere e ci credono, funzionano. Perché diventano anche un’occasione di confronto con i ragazzi che spesso, proprio in quelle occasioni, parlano di loro, delle difficoltà. Io partecipavo ai lavori socialmente utili. Spesso i ragazzi ti raccontavano delle loro famiglie in frantumi e io gli raccontavo la mia esperienza: ho perso la mamma a 7 anni, la rabbia c’è, ma ho sempre cercato di non sbagliare, si può scegliere chi diventare da grande. Anche di fronte a episodi di bullismo ho sempre cercato di fare guardare negli occhi bullo e bullizzato, di “trasformare“ i giorni di sospensione del bullo in un lavoro da fare. Insieme".

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