Festa scudetto Milan, in settantamila per un tripudio atteso 11 anni

I rossoneri campioni d’Italia sfilano per la città: Ibra, Giroud e Pioli mattatori, striscioni contro l’Inter, playlist senza confini da Pupo ai Queen e traffico in tilt

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Milano - "Fuori, fuori": sono le 18.10 e il popolo rossonero, radunato in via Aldo Rossi, non ne può più di aspettare. L’attesa è stata lunga, lunghissima: 11 anni. Che escano, allora, gli uomini che hanno fatto l’impresa, gli eroi non per caso ma venuti dal nulla e benedetti dal Fato. Che escano da Casa Milan e che possa iniziare la festa per lo scudetto più bello di tutti, almeno fino al prossimo. Contava solo questo, ieri: festeggiare. E così quando Germano Lanzoni, intorno alle 18.25, chiama ad uno ad uno, Stefano Pioli e i suoi uomini d’oro fuori da Casa Milan, c’è fiato e cuore per Theo Hernandez e per Zlatan Ibrahimovic ma anche per un coro che sembrava ormai amore passato: quello per Franck Kessie, "il Presidente". Così è in questa festa del Diavolo: un andirivieni tra passato e presente senza che si trovi nulla di "minimo", nulla di "comune", nulla che da solo faccia da "denominatore". La playlist del lunedì rossonero svaria, allora, dai Queen di "We are the Champions" ad Emis Killa, con un tocco di Pupo, il Pupo di "Su di noi" (nemmeno una nuvola), fatta partire poco prima che Pioli uscisse da Casa Milan per prendersi l’abbraccio di quei tifosi sui quali ha fatto piovere un tricolore senza che fossero pronti, senza che avessero preparato l’ombrello. Senza nuvole – la playlist e l’annata rossonera – e pure "freed from desire", "libera dal desiderio". Sì, perché il desiderio è diventato realtà, si è fatto trofeo, da ieri è entrato in bacheca e il testo di Gala è ormai un inno a Pioli e al Piolismo, un inno di questo Milan e di questo ritrovato Milanismo. Il bus scoperto partito alle 18.35 da Casa Milan pareva un juke-box che si fosse incantato, tante sono state le volte che quell’inno è stato intonato. Destinazione piazza Duomo.

E qui il passato si è fatto Cavaliere con il suo fedele scudiero: ad attendere i nuovi Campioni d’Italia c’erano infatti Silvio Berlusconi e Adriano Galliani. Gli stessi alla guida del bus rossonero quel caldo maggio del 2007, quando i rossoneri festeggiarono la loro settima Champions League: non c’è rossonero che ieri non abbia pensato a quel giorno e a quella festa, quando sul bus scoperto del Milan è apparso lo striscione "La Coppa Italia mettila nel c..o". Un vero e proprio calco di 15 anni fa. Allora come ieri uno sfottò tutto per l’Inter e gli interisti: "Lo scudetto mettilo..." nello stesso posto, questo l’invito rivolto nel 2007 ai cugini da Massimo Ambrosini. Stesso posto e alla fine stesso mare: quello stagnante e inutile del "politicamente corretto". La procura della Figc decide in battuta, già in serata, di aprire un’inchiesta su quello strtiscione. Nel corso del dì di festa, i ragazzi che fecero l’impresa ne sroloteranno un altro, che resterà esibito giusto il tempo di uno scatto di Leao: "Interista vaff....". Nel frattempo la città è paralizzata. Traffico in tilt là dove passa il Diavolo, una ventina di linee del trasporto pubblico costrette a interruzioni provvisorie o a deviazioni. Anche un agente della polizia locale ad un certo punto deve arrendersi agli Indiavolati: la sua moto di servizio viaggerà con un vessilo rossonero sopra il parabrezza che protegge il manubrio.

A smistare cori e balli, musica e canzoni, birra e champagna dall’alto del bus scoperto sono soprattutto Ibrahimovic e Leao, Giroud e Kessie: scatenatissimi. E irriverenti, alla faccia del politicamente corretto: è proprio Leao, microfono in mano, ad un certo punto, a far partite il coro che culmina con le parole dello striscione censurato anzitempo, è Ibra, microfono in mano, a far sapere che è il lunedì giusto per mandare un sms a Calhanoglu, il grande traditore, insieme a Gianluigi Donnarumma. In quell’andirivieni tra passato e presente che ha scandito tutta la festa di ieri, ecco una bandiera del 1987 con l’effige e le treccine di Ruud Gullit sventolare in mezzo ai cori – duri e crudi – contro il turco e contro l’ex portiere. Perché nella festa di ieri c’è anche e soprattutto questo: la voglia di rivalsa in chi, a giugno, non ci ha voluto credere e ha preferito tingersi di altri colori. Voglia di rivalsa, sì. Specie se su uno dei due bus della festa c’è un certo Paolo Maldini: la Bandiera fattasi dirigente solo per riportare il Milan dove merita. Specie se tra i 22 che ieri stavano sul bus c’è gente come Davide Calabria o Sandro Tonali, gente che ha rinnovato il proprio contratto senza voler un euro in più o addirittura tagliandosi lo stipendio perché l’unica cosa che contava era restare al Milan e vincere con il Milan. "Il mio amore non ha soldi, ha la sua grande fede": sono queste le prime parole di "Freed From Desire", la canzone che fu di Gala, e oggi è l’inno di Pioli, dei suoi uomini e del Piolismo, l’inno del Milan, di questo ritrovato Milanismo, l’inno di questo scudetto. Forse l’inno di un nuovo ciclo.

mail: giambattista.anastasio@ilgiorno.net

 

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