"Migranti climatici, nessuna tutela" Scattano i ricorsi pilota a Milano

Gli effetti del clima impazzito equiparati a quelli di una guerra: leso il diritto alla vita e alla dignità dell’uomo "Vogliamo ottenere sentenze che colmino un vuoto giuridico". Al via mappatura nei centri d’accoglienza

Migration

di Andrea Gianni

MILANO

Gli effetti del cambiamento climatico equiparati a quelli di una guerra, di una persecuzione per motivi politici o religiosi, cioè "fattori esterni che ledono il diritto alla vita e alla dignità dell’uomo". Parte da Milano una battaglia per "colmare un vuoto normativo", sotto forma di una serie di ricorsi pilota che verranno presentati alla Sezione immigrazione del Tribunale di Milano nell’ambito di un progetto promosso dal centro studi Systasis

con l’obiettivo di far ottenere a migranti in fuga dagli effetti del clima impazzito e dalla crisi ecologica una forma di protezione. La Convenzione di Ginevra del 1951 non riconosce infatti la figura del "rifugiato climatico" perché non riconosce l’ambiente come una causa di "persecuzione". Ad oggi non esiste una definizionecondivisa di migrante climatico o ambientale, in uno scenario variegato e con diverse sfumature, che comprende ad esempio persone in fuga da alluvioni o dalla desertificazione, ma anche da conflitti legati all’accesso a risorse sempre più scarse in alcun e aree del mondo e da situazioni che vedono intersecarsi diversi fattori.

Le Nazioni Unite considerano possibile, per le sole cause ambientali, l’esodo di 200 milioni di persone entro il 2050. Dall’ultimo rapporto annuale dell’Idmc emerge che nel 2020 30,7 milioni di nuovi sfollamenti sono stati causati da disastri in 145 paesi e territori. "I flussi in Italia sono destinati ad aumentare nei prossimi anni – spiega l’avvocato Veronica Dini, presidente Systasis e promotrice del progetto – ma nonostante questo siamo di fronte a un vuoto di tutele giuridiche che, attraverso i ricorsi pilota, vorremmo colmare. L’obiettivo è quello di arrivare al riconoscimento dello status di migrante ambientale e climatico e all’attivazione di una tutela appropriata e necessaria". Il progetto “Le rotte del clima“ partirà dalla mappatura e dalla distribuzione di questionari attraverso le associazioni che si occupano di accoglienza, con l’obiettivo di raccogliere numeri sul fenomeno e una serie di casi singoli attorno ai quali costruire l’impalcatura dei ricorsi pilota. "Il progetto intende dar vita a questi numeri e costruire, intorno a essi, nuovi strumenti e nuove strategie di tutela umanitaria – spiegano i promotori –. A tal fine agirà, innanzitutto, per alimentare la consapevolezza da parte degli operatori e dei migranti stessi della condizione dei migranti ambientali e climatici, delle reali e più profonde ragioni per cui sono costretti ad abbandonare la propria terra e dei diritti connessi a questa condizione".

Attorno al progetto lanciato dal centro studi che si occupa di prevenzione e gestione dei conflitti ambientali una rete che comprende We World, la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Hric, Asgi, A Sud Onlus, Teatro Utile il viaggio, il Research Unit on Everyday Bioethics and Ethics of Science dell’Università di Firenze, oltre a centri di accoglienza per migranti in tutta Italia. Un punto a favore dei riconoscimento dello status di migrante ambientale era già stato segnato il 9 marzo 2021, con una sentenza della Cassazione che, nell’ambito di un ricorso, affermava che il "nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale" include non solo l’esistenza di una situazione di conflitto armato, ma anche altre situazioni idonee ad esporre i diritti fondamentali alla vita, alla libertà e all’autodeterminazione dell’individuo al rischio di azzeramento o riduzione al di sotto della soglia minima, compresi i casi del disastro ambientale e del cambiamento climatico. La palla passerà quindi al Tribunale di Milano, che potrebbe scrivere una nuova pagina nella battaglia per i diritti.

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