Medico ucciso, il delirio del killer: "Quell'uomo mi aveva rovinato la vita"

San Donato, trovate le prove di una visita del dottor Giorgio Falcetto a Benedetto Bifronte al Policlinico nel 2021

Il medico Giorgio Falcetto e il suo assassino Benedetto Bifronte si erano già incontrati prima dell’aggressione mortale di martedì all’esterno del pronto soccorso del Policlinico San Donato. Le indagini dei carabinieri hanno fatto emergere ieri che nella tarda mattinata del 2 febbraio 2021 il sessantaduenne, originario di un paesino del Messinese ma da tempo residente a Rozzano, si presentò in ospedale lamentando dolore toracico con dispnea, cioè con difficoltà a respirare. L’uomo fu visitato da Falcetto, che gli diagnosticò una cervicalgia (infiammazione cervicale delle vertebre che sostengono collo e testa) con sindrome influenzale (non da Covid-19) e lo dimise con una prognosi di 7 giorni, prescrivendogli alcuni medicinali da assumere.

Una novità, emersa dagli accertamenti dei militari, che conferma in parte quanto affermato dall’omicida subito dopo il fermo, ma che non spiega ancora compiutamente il movente del raid letale a colpi di accetta, avvenuto a quasi due anni di distanza da quel primo e finora unico contatto accertato tra i due. Nelle spontanee dichiarazioni che il sessantaduenne ha fatto agli investigatori, l’uomo ha raccontato di essersi recato in ospedale tre giorni fa perche "mi sono svegliato con un dolore al petto e avevo la pressione alta", ma di essere andato via poco dopo perché "c’era troppa genta in attesa". All’uscita, si sarebbe imbattuto in Falcetto, che era reduce dal turno di notte, e lo avrebbe riconosciuto come il medico che lo aveva visitato a inizio 2021. A quel punto, ne avrebbe richiamato l’attenzione, imputandogli un peggioramento del suo stato di salute a causa di due flebo che gli sarebbero state somministrate in quell’occasione: "A causa di quelle flebo, ho sempre mal di testa e nausea". Ne sarebbe nata una breve discussione, senza conseguenze. Poi Bifronte, sempre nella sua versione, è salito a bordo della sua Alfa 147, parcheggiata in una zona interdetta alle auto private, e in retromarcia ha centrato (lui sostiene in maniera del tutto involontaria) la Chevrolet Aveo rossa di Falcetto, in sosta a pochi metri dall’ingresso riservato alle ambulanze. La lite è ripartita, fino a quando Bifronte ha tirato fuori dall’auto un’accetta e ha colpito alla testa Falcetto, lasciando a terra in un lago di sangue. Poi la fuga, il presumibile cambio d’abito e l’arma del delitto abbandonata in un’intercapedine del vano scale delle cantiene di uno stabile diverso da quello in cui risiede (e non in un tombino lungo la strada a San Donato, come riferito dall’uomo): "Il medico che mi ha fatto le due flebo mi ha rovinato la vita".

Ieri pomeriggio il sessantaduenne, assistito dagli avvocati Matilde Sansone e Benedetto Ricciardi, non ha ripetuto quanto detto agli investigatori dell’Arma, preferendo avvalersi della facoltà di non rispondere nel corso dell’interrogatorio davanti al gip Chiara Valori. Il giudice ha accolto le richieste del pm Giovanni Polizzi, convalidando il provvedimento di fermo per omicidio volontario e disponendo la custodia cautelare in carcere per Bifronte, già noto agli archivi delle forze dell’ordine per due precedenti molto datati per truffa e armi. Nell’ordinanza, il gip ha ritenuto sussistente il pericolo di reiterazione del reato, anche perché l’uomo sarebbe incapace di controllare i propri impulsi di aggressività, come dimostrato pure dal fatto che aveva un’accetta nel bagagliaio della sua 147. Allo stato, chiarisce ancora il provvedimento, non si può dubitare della sua capacità di intendere e di volere al momento del fatto, anche perché non risulta che l’aggressore abbia mai dato segno di disturbi psichiatrici.

 

 

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