NICOLA PALMA
Cronaca

Maxi confisca al trafficante pentito Bernini Immobili e terreni acquisiti da nullatenente

Importatore di tonnellate di hashish dal Marocco insieme a Massimiliano Cauchi, è stato arrestato nel 2019 dalla Squadra Mobile. Col denaro della droga ha acquistato beni per sé e per la compagna anche quando sul 730 c’erano poche decine di migliaia di euro

di Nicola Palma

Marco Bruno Bernini ha iniziato a smerciare droga nel 1990: quell’anno fu bloccato con 500 grammi di cocaina. Nel 2002 è stato arrestato all’estero sempre per lo stesso motivo. Nel 2018 è finito in carcere insieme al complice Francesco Massimiliano Cauchi a valle dell’indagine Double Game della Dda di Bologna, accusato di essere al vertice di un’associazione a delinquere che tra il febbraio 2012 e il settembre 2014 avrebbe movimentato tonnellate di hashish utilizzando barche intestate a prestanome (in primo grado è stato condannato a 16 anni). Un anno dopo, il 17 ottobre 2019, è stato coinvolto in un’indagine identica della Squadra mobile di Milano, partita dal sequestro in un box di via Padova di una tonnellata di hashish. I presunti capi? Sempre lui e Cauchi, che a giugno si è visto sequestrare dalla Narcotici il tesoro da 15 milioni di euro che aveva nascosto dietro un muro in via Casoretto 33. Ieri è toccato a Bernini, che ha subìto la confisca da 1,1 milioni di euro di sei immobili, un conto corrente e una Mercedes 220, in parte intestati a lui in parte all’attuale compagna e alla madre. Il provvedimento – emesso dal giudice Maria Rispoli della Sezione autonoma misure di prevenzione del Tribunale (presieduta da Fabio Roia) ed eseguito dalla Dia di Bologna e dai centri operativi di Milano e Brescia – ha evidenziato la sproporzione tra quanto acquistato da Bernini e quanto dichiarato all’Erario.

Prendiamo i dati ufficiali del cinquantaquattrenne, che, come emerge dagli atti, nel 2018 ha avviato un percorso di collaborazione con la giustizia (per questo è stata respinta la richiesta della sorveglianza speciale): tra il 1993 e il 2001 ha denunciato redditi medi annui per meno di 9mila euro (da un minimo di 5mila nel 1993 a un massimo di 11.543 nel 1999); poi zero tra il 2002 e il 2004, circa 12.500 euro tra 2005 e 2006; ancora zero dal 2007 al 2011, per poi salire ai 30.639 del 2012 e riscendere ai 12.537 del 2013 e allo zero del 2014; e infine 2.935 nel 2015, 16.524 nel 2016 e 27.115 nel 2017. Lo stesso discorso vale per l’attuale convivente, che ha incassato 37.483 euro tra il 2005 e il 2017, con tre anni a zero e uno a 1 euro (2016). Difficile coniugare queste cifre con la quantità di beni (comprati anche con l’ausilio di mutui accesi in banca) su cui vanta diritti di proprietà Bernini: un appartamento a Brugherio (la compagna, intestataria dal 2015, gli ha ceduto l’usufrutto nel 2016 per 295mila euro), 73 metri quadrati in viale Brianza (dove la donna ha aperto un beauty center), e alcuni terreni a Moio dè Calvi, in provincia di Bergamo. Chiamati a giustificare una così evidente sperequazione, i due hanno fornito spiegazioni che non sono state ritenute sufficienti per evitare che il sequestro si trasformasse in confisca: la donna, ad esempio, ha parlato di un lascito da 100mila euro da parte dell’ex fidanzato, un manager deceduto nel 2008, e dei guadagni da ballerina di night club per motivare la disponibilità economica necessaria per acquistare l’abitazione di Brugherio. Anche per l’immobile di viale Brianza, Bernini ha fornito la sua versione, tracciando "tutti i passaggi di denaro che hanno portato all’acquisto". Dal loro punto di vista, i giudici hanno certificato che almeno dal 2007 al 2018 il cinquantaquattrenne ha operato da trafficante di droga ad alti livelli, con la disponibilità di "ingenti somme di denaro di illecita provenienza". Quindi, "le modalità di acquisto degli immobili e dei beni mobili di cui si dispone la confisca risultano derivanti quantomeno in parte dal reimpiego di proventi plausibilmente derivanti in tutto o in parte dall’attività illecita nell’ambito del narcotraffico svolta nell’arco di almeno 10 anni". Fuori dal perimetro del provvedimento sono rimasti la ditta della convivente, i terreni della Bergamasca, due conti corrente e una Bmw X1.

Ultima nota per la Banca di Credito Cooperativo, che ha chiesto al Tribunale di accertare "la sussistenza e l’ammontare del credito privilegiato" di 68.857,63 euro vantato nei confronti della donna in virtù di un mutuo stipulato il 27 ottobre 2015. L’istanza è stata respinta: i giudici hanno riscontrato la "carenza della prova della buona fede" al momento dell’erogazione del finanziamento.