Matricida a giudizio dopo un anno Il complice e la perizia psichiatrica

Il 29 maggio si aprirà il processo. Rosa Fabbiano è accusata di aver ucciso e fatto a pezzi Lucia Cipriano

Matricida a giudizio dopo un anno  Il complice e la perizia psichiatrica

Matricida a giudizio dopo un anno Il complice e la perizia psichiatrica

di Monica Autunno

Delitto di via Boves, a un anno dall’orrore va a processo in corte d’Assise Rosa Fabbiano, la “figlia assassina”; e la città si prepara a rivivere l’incubo. Con un ulteriore sviluppo “giallo”: la presenza di un profilo genetico, ignoto e maschile, repertata dai Ris di Parma nell’appartamento dove morì l’84enne Lucia Cipriano, e su alcuni utensili si reputa impiegati per sezionare il corpo. Qualcuno aiutò Rosa? Ulteriori indagini sono in corso da parte della Procura. Ma il 29 maggio prossimo, davanti al giudice, ci sarà solo lei, Rosa Fabbiano, accusata di omicidio, mutilazione e soppressione di cadavere. Dal momento del fermo, la stessa sera del ritrovamento del corpo di Lucia, non ha mai aperto bocca. Sono chiuse dalla mattina del 26 maggio dell’anno scorso le finestre dell’appartamento popolare di via Boves che fu teatro dell’agghiacciante tragedia. Quella mattina Rosa Fabbiano, oggi 59 anni, sposata, madre di un figlio e residente con la famiglia a Mombretto di Mediglia, accolse proprio in via Boves la sorella Loredana, da anni trasferita a Trento, ma giunta in città per accertare le condizioni della madre Lucia, che la sorella diceva ricoverata in una struttura sanitaria. Nell’appartamento di via Boves si era consumato il drammatico faccia a faccia, durato pochi minuti, fra le due donne: la richiesta di Loredana di usare il bagno, le parole lapidarie e lo sguardo di ghiaccio di Rosa, "no, non ci andare". E infine l’unico sprazzo di confessione: "Ho fatto un disastro, portami dai carabinieri".

I poveri resti di Lucia Cipriano, adagiati nella vasca e coperti da un cellophane assicurato ai bordi con nastro adesivo, erano stati scoperti dai carabinieri poco dopo. In un sacco di plastica sempre nel bagno erano stati trovati guanti in lattice, indumenti sporchi di liquame e con segni di bruciature. Nella vasca un seghetto con lama di 31 centimetri. Rosa era stata fermata poche ore dopo. La convalida del fermo e l’ordinanza di custodia cautelare in carcere erano arrivate il 29 maggio. Rosa dalla personalità misteriosa e pericolosa, non da escludere il rischio di reiterazione, alla luce "dell’assoluta incapacità dimostrata dall’indagata nel sopportare il decadimento fisico e mentale altrui e, in particolare, di coloro che le sono affettivamente legati". Rosa ormai abituata a mentire. Alla vicina che lamentava odori nauseabondi parlò di un corto circuito a un elettrodomestico. L’avvocato potrebbe chiedere per lei la perizia psichiatrica all’apertura del processo.

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