
LA STORIA Il baritono Markus Werba, 44 anni fa, ha esordito al Piccolo nel ’98: Strehler lo scelse per il ruolo di Guglielmo in “Così fan tutte”, la sua ultima regìa
Milano, 28 gennaio 2018 - L'appuntamento è nel camerino del Teatro alla Scala. Accogliente e simpatico, Markus Werba racconta: «Leonardo, Mozart, Strehler, sono loro che mi hanno introdotto a Milano». Il baritono austriaco è in scena al Piermarini fino all’11 febbraio con «Die Flermaus-Il pipistrello» di Johann Strauss, diretto da Cornielius Meister. Un piacevole ritorno per uno dei più acclamati cantanti lirici internazionali.
Qual è stato il primo luogo che ha visitato a Milano?
«Il Piccolo Teatro. Era il 1997, Strehler stava preparando la regia di “Così fan tutte” di Mozart e cercava una voce, un volto per il ruolo di Guglielmo. Ho cantato “Rivolgete a lui lo sguardo”, un’aria poco nota ma non per lui. Io cantavo e lui camminava nel corridoio; alla fine mi ha invitato a recarmi in sartoria, solo dopo ho capito che mi aveva scelto. Avevo ventiquattro anni, vivevo nel presente. Mai avrei immaginato che sarebbe stato l’inizio di una nuova vita».
Come ricorda Strehler?
«Un uomo eccezionale, di profonda umanità. Si rivolgeva a me come fossi un suo nipote. L’altro protagonista era il tenore Jonas Kaufmann, anche lui giovane, agli esordi e mio amico. Mi sono innamorato del Piccolo, di via Rovello, via Dante e del Teatro Strehler. Non dimenticherò mai la sera in cui è stato inaugurato, l’emozione del debutto. Giorgio era scomparso da poco e noi eravamo in scena, senza di lui».
Quali sono i posti che frequenta quando lavora alla Scala?
«In fondo sono gli stessi di allora: Lanza, il Castello Sforzesco, Santa Maria delle Grazie e Brera; trascorrevo, e trascorro, ore nella Pinacoteca. Adoro l’arte quanto la musica, la prima volta che sono stato all’Ambrosiana non riuscivo a staccarmi dallo sguardo intenso e inquietante del “Ritratto di musico” di Leonardo, cercavo di leggere la partitura che tiene in mano. Poi passavo a “Canestra di frutta” di Caravaggio: un intero pomeriggio a osservare solo due quadri. Ci sono tornato decine di volte per vedere l’intera collezione».
Un suo rifugio?
«Il Cortile della Rocchetta al Castello Sforzesco: l’ho scoperto con Kaufmann e adesso è un appuntamento fisso. In vent’anni Milano è cambiata, oggi è più vivace, internazionale ma ha perso un po’ della magia che aveva allora; o forse sono io ad avere cambiato lo sguardo. Fra le prove e le recite resto in città alcune settimane, ho bisogno di ritrovare gli stessi luoghi, le stesse sensazioni magiche vissute durante il primo viaggio. Quando voglio stare solo e meditare vado a Sant’Ambrogio».
Qual è il piatto lombardo che preferisce?
«Ovviamente, il risotto con lo zafferano. E come lo cucinano qua è incredibile. Mi piace portare a Vienna il panettone, ho scoperto che alcune pasticcerie lo fanno tutto l’anno, non solo a Natale».
Molti artisti quando cantano alla Scala portano con sé un oggetto scaramantico.
«Io non ne ho bisogno: Milano mi ha sempre portato fortuna».