NICOLA PALMA
Cronaca

Un aborto nascosto ai parenti dietro il folle rapimento del neonato alla Mangiagalli

La donna è in cella. La famiglia: non ha detto nulla

L'ingresso della Mangiagalli (Newpress)

Milano, 12 luglio 2017 - «Venite in ospedale, sto per partorire...». La telefonata sarebbe stata effettuata nella tarda mattinata di lunedì dalla 33enne ecuadoriana che qualche ora dopo ha cercato di portare via una bambina di dieci giorni dal puerperio. Destinatari: il marito e la madre, invitati a raggiungerla al più presto alla Mangiagalli di Milano per il lieto evento. Almeno questo avrebbero riferito i due, che effettivamente si trovavano in via della Commenda quando i carabinieri del Radiomobile hanno preso in consegna la sudamericana, bloccata da un medico prima che potesse allontanarsi con la neonata tra le braccia. Peccato che la donna non fosse incinta; o quantomeno non lo era più, sempre che venga confermata la confessione in lacrime su un aborto verificatosi qualche settimana fa.

Assume contorni ancora più inquietanti la vicenda del tentato rapimento di una bimba piccolissima (figlia di una moldava e un marocchino), per fortuna bloccato sul nascere grazie alla prontezza di riflessi di un’ostetrica. Se prendessimo per buone sia le parole dell’ecuadoriana poi arrestata che quelle dei parenti, ne verrebbe fuori un unico possibile scenario, per quanto incredibile: la donna, residente a Mediglia, ha abortito qualche tempo fa senza che né il marito né la mamma se ne accorgessero (convinti quindi che la gravidanza stesse proseguendo) per poi presentarsi alla Mangiagalli (dove aveva partorito 7 anni fa, come risulta negli archivi dell’ospedale) per rapire il bambino di un’altra mamma. Dinamica del fatto e dichiarazioni dei protagonisti sono tuttora al vaglio dei militari del Nucleo investigativo di via Moscova, che stanno cercando di ricostruire l’intera vicenda e individuare il movente del gesto. Una cosa è certa: il pm titolare dell’indagine Antonio Cristillo ha chiesto la convalida dell’arresto e la misura cautelare in carcere per la 33enne accusata di sequestro di persone e sottrazione di persona incapace. L’istanza è stata inoltrata ieri mattina al gip, che ora dovrà fissare l’interrogatorio di garanzia e poi decidere se convalidare l’arresto e applicare la misura del carcere per la donna reclusa da due giorni a San Vittore.

Lunedì, prima di essere portata in caserma, l’ecuadoriana è stata accompagnata al pronto soccorso del Policlinico per essere sottoposta a valutazione psichiatrica: i medici l’hanno trovata lucida, non in stato di alterazione psicofisica insomma. La mamma moldava, invece, è stata dimessa ed è potuta tornare a casa con la bambina dopo aver reso la sua deposizione. Infuriato il neo papà marocchino: «Vi rendete conto che quella donna ce l’aveva quasi fatta? Sta per uscire con la mia bambina! Qui c’è troppa confusione, troppa gente». Già lunedì pomeriggio i vertici della Mangiagalli hanno deciso di raddoppiare la vigilanza e di rafforzare i controlli all’ingresso: «È un episodio incredibile, da noi non si era mai verificata una cosa simile», il commento del direttore medico di presidio Basilio Tiso.