NICOLA PALMA
Cronaca

Terrorismo islamico, per la Leonessa dei Balcani processo da rifare: “Servono nuove indagini sui rapporti con l’Isis”

Milano, la Cassazione accoglie il ricorso della difesa di Bleona Tafallari, la 21 enne Kosovara accusata di fare proselitismo per il Califfato: annullata la condanna a 4 anni

Bleona Tafallari

Bleona Tafallari

Milano – La partecipazione a un’associazione con finalità di terrorismo internazionale “può essere sostenuta solo da concreti elementi di prova sulla genuinità di quanto ricavabile dalle cosiddette fonti aperte sull’attività di supporto svolta dalla ricorrente in favore dell’associazione (Isis o Leoni dei Balcani che sia), anche per il tramite di ulteriori associati”. Un lavoro di verifica che, a parere della Cassazione, non sarebbe stato svolto in maniera corretta dalla Corte d’Appello di Milano. Da qui la decisione degli ermellini di annullare la condanna a 4 anni per terrorismo di Bleona Tafallari e di disporre un nuovo processo per “valutare quale corretta definizione giuridica dare al fatto, esclusivamente sulla base degli elementi di prova emergenti dagli atti”.

La vicenda della 21enne kosovara inizia all’alba del 17 novembre 2021, quando gli investigatori della Digos la arrestano nell’abitazione di via Padova in cui vive col fratello, in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Carlo Ottone de Marchi su richiesta dell’allora capo del pool Antiterrorismo Alberto Nobili e del pm Leonardo Lesti.

Le indagini della polizia documentano un’intensissima attività di propaganda e proselitismo su Telegram, Whatsapp e Snapchat. Nella memoria del telefono della ragazza, che si presentava col nickname di “Al Muhajirah” (“Sposa pellegrina”), gli investigatori scovano manuali per l’addestramento, guide per i mujaheddin, screenshot sulla realizzazione di ordigni e video a sostegno dell’Isis.

Le accuse sono pesantissime: per gli inquirenti, Tafallari attirava on line nuove leve da convertire alla causa del Califfato e cercava contatti con le mogli di terroristi detenuti. Di più: dal gennaio 2021 è la moglie dell’ingegnere connazionale Perparim Veliqi, residente in Germania, che sei mesi dopo le nozze è stato perquisito dalla polizia federale tedesca per un presunto collegamento con Kujtim Fejzulai, il ventenne che il 2 novembre 2020 uccise quattro persone e ne ferì altre ventidue con un fucile d’assalto a Vienna.

In primo grado, cade l’accusa di terrorismo internazionale: il gip Livio Cristofano derubrica l’imputazione in istigazione a commettere reati (con l’aggravante del mezzo informatico) e condanna la kosovara a 3 anni e 4 mesi.

In Appello, arriva il ribaltone: i giudici ritengono provata l’accusa di terrorismo internazionale e comminano la pena di 4 anni a Tafallari, a cui nel frattempo la sezione autonoma Misure di prevenzione del Tribunale ha affibbiato due anni di sorveglianza speciale per pericolosità sociale" con divieto di utilizzare i social network. Nella sentenza di secondo grado, si legge che "i contatti tra il marito della Tafallari e soggetti legati con certezza all’autore di un attentato terroristico (tra l’altro avente rivendicata matrice islamica) vanno a collocare sia il Veliqi che sua moglie in un contesto definito e inequivocabile". Un passaggio contestato dalla difesa della giovane nel ricorso in Cassazione: i legali Giuseppina Bartolotta e Giuseppe De Carlo sottolineano l’assenza di "informazioni specifiche certe" sugli effettivi rapporti tra il marito della ventunenne e Blinor Shalaku e Drilon Gashi, "ritenuti, sulla base di una mera illazione, legati al cittadino macedone Kujitim Fejzulai, autore dell’attentato di Vienna rivendicato dall’Isis e non dall’inesistente cellula Leoni dei Balcani”.

Nei giorni scorsi, la Suprema Corte ha accolto il ricorso degli avvocati, anche sulla base del contenuto dell’ordine di indagine europeo emesso dalla Procura per avere informazioni su Veliqui dai magistrati tedeschi. Proprio da quel documento, scrivono i giudici, risulta che Karima, una donna con cui Tafallari ha più volte conversato via chat, non sarebbe la moglie di Gashi, "sospettato di essere in collegamento con l’attentatore della strage di Vienna e con il marito dell’imputata", bensì di tale A.W. "Anche questo dato – l’annotazione – inficia la correttezza della qualificazione giuridica" con la quale i giudici d’Appello hanno condannato la ragazza per terrorismo. Conclusione: tutto da rifare.