FRANCESCA GRILLO e MARIANNA VAZZANA
Cronaca

"Luis voleva sempre migliorarsi". In lacrime il papà della vittima del killer di Assago

Il quarantasettenne boliviano era stato adottato da piccolo. Lavorava al supermercato e sognava la laurea mentre l’assassino viveva con i genitori al quartiere Stadera. "Finora non aveva mai fatto del male a nessuno"

Due coccarde, una rossa e l’altra dorata. Appese sopra il portone di casa, forse in occasione del Natale, e poi rimaste lì. Al centro, la targhetta con due nomi: padre e figlio. Federico e Luis Ruggieri. L’appartamento è al quarto piano di una torre di 14 piani in zona Bonola, al Gallaratese. Qui abitava Luis Fernando, quarantasettenne originario della Bolivia, il dipendente del Carrefour ucciso giovedì sera al centro Milanofiori con coltellate all’addome sferrate da Andrea Tombolini. Ruggieri aveva compiuto 47 anni lo scorso 14 settembre, si era iscritto all’università on line Uniecampus e sognava di laurearsi in Scienze biologiche. A novembre del 2017 si era trasferito da Milano a Trezzano sul Naviglio e lo scorso luglio era tornato nella metropoli. "L’ho adottato da piccolino. L’ho amato sempre e lui mi voleva un bene dell’anima", il commento del papà Federico. "Ha tentato sempre di migliorarsi".

Quanto all’aggressore: "Dovevano prenderlo – dice – prima che facesse del male". Non riesce a trattenere le lacrime, come Federica, che di Luis era la compagna. "Io sono distrutta, non ci credo ancora. Adesso è troppo presto per parlare: sono a pezzi, disperata". Ieri ha pubblicato sui social la prima foto scattata insieme a Luis: "Mi hai lasciata per sempre amore mio. Cosa farò adesso senza di te?". Anche sul profilo Facebook del papà non mancano foto del figlio, che postava orgoglioso. Tra i ricordi pure una gita di famiglia con Luis ragazzino. Si era diplomato al liceo scientifico Piero Bottoni e poi si era iscritto in Ingegneria informatica al Politecnico, senza mai laurearsi e scegliendo di lavorare per la grande distribuzione. Ma durante la pandemia aveva deciso di riprendere gli studi, come aveva scritto su Linkedin.

In una ipotetica linea, Andrea Tombolini si colloca all’estremità opposta: "Non lavorava, prendeva la bicicletta e spariva. Non sappiamo dove andasse", raccontano alcuni vicini nel caseggiato Aler di via Neera al quartiere Stadera, dove risiede con i genitori. I due dicono: "Abbiamo già parlato con le forze dell’ordine". "Andrea non aveva mai fatto del male a nessuno. Aveva un appuntamento con lo psichiatra il 7 novembre". Il primo della sua vita. "L’ho visto tre giorni fa – racconta una vicina – e non ho notato niente di strano. Era servizievole: mi portava le casse d’acqua dal supermercato fino a casa".

 

 

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