Luce in fondo al tunnel Per la prima volta nessun paziente Covid in terapia intensiva

L’annuncio dell’assessore regionale al Welfare, Guido Bertolaso "Una notizia che aspettavamo da 3 anni: da febbraio 2020 non era mai successo". La Lombardia resta a rischio moderato.

Luce in fondo al tunnel  Per la prima volta  nessun paziente Covid  in terapia intensiva

Luce in fondo al tunnel Per la prima volta nessun paziente Covid in terapia intensiva

"Nel giorno che precede la “Giornata per la commemorazione delle vittime del Covid“, dagli ospedali della Lombardia giunge una splendida notizia: oggi, per la prima volta dal 20 febbraio 2020, nessun letto di terapia intensiva risulta occupato da pazienti che hanno contratto il Coronavirus". A comunicarlo è l’assessore al Welfare di Regione Lombardia, Guido Bertolaso, in una nota diramata ieri pomeriggio. "Si tratta di una notizia importante – sottolinea l’assessore – che attendevamo da 3 anni. È sicuramente merito della campagna vaccinale, che ci ha permesso di tornare alla vita, ma anche il segno che sono migliorate anche le cure contro questo maledetto virus, che consentono di evitare che i pazienti colpiti finiscano in terapia intensiva". "Un risultato – conclude Bertolaso – che tre anni fa, vale a dire il 17 marzo del 2020, quando i ricoverati in terapia intensiva erano 879 e quelli nei reparti ordinari 6.953 – a fronte dei 189 di oggi –, sembrava impossibile da raggiungere. Da parte del presidente Attilio Fontana e mia, a nome di tutti i lombardi un ringraziamento a tutti coloro, medici, infermieri, operatori sanitari, che hanno lavorato nel reparto più impegnativo della terapia intensiva, facendo il possibile per salvare vite e prestando l’ultimo conforto a chi non ce l’avrebbe fatta".

La Lombardia resta così tra le regioni a rischio moderato – insieme a Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia, Puglia, Sardegna, Umbria, Veneto e Provincia autonoma di Trento – in un contesto in cui sono aumentate da due a quattro, in una settimana, quelle classificate a rischio alto, secondo quanto indicato dal monitoraggio settimanale sull’andamento dei casi di Covid-19 del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), aggiornato al 15 marzo. A rischio alto sono, per l’esattezza, Emilia Romagna, Liguria, Piemonte e Toscana.

L’ultima nota è per le evidenze dello studio condotto dalla Fondazione Gimbe sui viaggi della salute, uno studio dal quale emerge che la pandemia ha frenato ma non interrotto gli spostamenti degli italiani per curarsi. Nonostante il calo dovuto all’emergenza Covid nel 2020 la migrazione per cure verso regioni diverse da quelle della propria residenza, ha raggiunto un valore di 3,3 miliardi, con un flusso che scorre da Sud verso Nord. Da chi migra per ricevere cure oncologiche o per le malattie rare, passando per chi sceglie di farlo per interventi chirurgici, le tre regioni che hanno maggiore capacità di attrarre pazienti sono anche quelle che garantiscono meglio i Livelli essenziali di assistenza (Lea), nell’ordine: Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto raccolgono, insieme, quasi la metà della mobilità attiva, rispettivamente con il 20%, il 16,5% e il 13%. Un ulteriore 21% viene attratto dalla triade Lazio (8%), Piemonte (7%) e Toscana (5%). Quanto al tipo di cure per cui ci si sposta: l’85,8% sono ricoveri ordinari, il 69% ricoveri in day hospital, il 16% visite o esami specialistici. Oltre la metà del valore (il 53%) è erogata da strutture private.

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