Lontano dalla guerra resta la paura di perdere i bambini

Stacey e la madre si sono ferite fuggendo durante un bombardamento, Liliia è malata di tumore. Lydmila ha riavuto i suoi cari e ora aiuta gli altri

Migration

di Massimiliano Saggese

Ogni sguardo racchiude una storia. A ogni abbraccio si avverte il tremito di chi ha paura. Paura per le bombe, per essersi ritrovati dal giorno alla notte senza più nulla. Paura del futuro. Ognuno racconta la propria paura nel lungo viaggio da Oradea verso Milano. Il reverendo Andrea Gattuso e Lorenzo Robortaccio dell’associazione “Noah – Progetto di Vita” rassicurano donne e bambini sulla destinazione finale e sul fatto che i nuclei familiari non sarebbero stati divisi. Ma è Lydmila Popovetska una delle eroine instancabili di questo viaggio. È la mamma di Cristina e la nonna dei due bimbi che con Odissea 1 erano stati recuperati a Cernauti in Ucraina e portati in Italia. Ha voluto ricambiare l’aiuto ricevuto ed è partita con Odissea 2. Ha fatto da interprete per l’equipe medica con i suoi connazionali, con l’affetto che solo chi soffre lo stesso dramma riesce a dare. Ha spiegato che tutte le mamme e i loro figli dovevano fare i tamponi prima di partire. Si è informata, su indicazione dei sanitari, se avevano malattie particolari e se prendevano farmaci. Ha rassicurato le donne, terrorizzate all’idea di perdere i figli. Con una mamma e una figlia rimaste ferite sotto le bombe. "Eravamo a Kiev quando hanno bombardato, stavo andando a fare la spesa, sono finita a terra e mi sono rotta un braccio", racconta Stacey, giovane insegnante di inglese e cinese. Anche la mamma, insegnante di storia, ha riportato fratture a causa di una bomba. Prima sono arrivate in Polonia a bordo di un convoglio umanitario diretto a Napoli. "Quando abbiamo incontrato il vostro convoglio (Odissea 2) diretto a Milano abbiamo chiesto di venire con voi perché abbiamo chi ci ospita a Brescia". Stacey e la mamma quando raccontano la loro fuga dalle macerie di Kiev non trattengono le lacrime e tremano di paura. Ma non vogliono arrendersi: "Ora siamo in salvo e vogliamo tornare a lavorare, siamo pronte a tutto e faremo le lezioni con gli studenti che potranno su Zoom". Mille paure le ha Liliia Mieshcheriakova, una mamma malata di tumore che ha bisogno di cure urgenti. È scappata con i figli Valentina di 20 anni, Alexander e Ivan di 11 e 9 anni. Loro sono risultati positivi al Covid anche se senza sintomi, per questo hanno viaggiato isolati sul pullman e a Milano sono stati affidati al “Covid hotel” di via Adriano: "Ho paura che mi portino via i figli – spiega Liliia–. Devo curarmi ma in Ucraina non c’è più nulla". Vuole sapere dove sarà portata e chiede garanzie che la sua famiglia resterà unita. Lasciamo al Covid hotel di Milano anche Anna Konyeva con i due bambini. Anche loro arrivano da Kiev. "I miei bimbi continuano a chiedermi quando rivedranno il loro papà. Quando potranno tornare a casa. Ma una casa forse non l’abbiamo più". Di Kharkiv, altra città martoriata, sono Roman Rochev pastore di una chiesa, la moglie Ira Rocheva e i loro 8 figli dai 3 ai 19 anni. Sono fuggiti a Oradea e avrebbero dovuto raggiungere la Germania o l’Italia. Alla fine hanno deciso di restare. "Preferiamo rimanere qui pronti per tornare in Ucraina".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro