Vecchie lire, un tesoro bloccato nelle case dei lombardi

Cinquemila miliardi in cassaforte ma l’Italia è l’unica a non convertire

10mila lire

10mila lire

Milano, 22 luglio 2019 - Un tesoro come quello di Montecristo nascosto nelle cassaforti degli italiani, tra cui tanti lombardi. Banconote e monete di vecchie lire per un valore approssimativo di 3 miliardi di euro, anche se l’ammontare preciso è incalcolabile. Soldi inutilizzabili, però, perché non convertiti in euro entro il 28 febbraio 2012, il termine previsto dalla legge: pura carta straccia per la Banca d’Italia. Dall’inattesa eredità, nei casi più trasparenti, al capitale sommerso, il cosiddetto “nero”, senza contare le somme di denaro inviate ai parenti all’estero e mai rientrate: svariati i motivi per cui questo patrimonio è sopravvissuto, dormiente, alla moneta unica. Ma che si tratti di sudati risparmi o meno, il problema è di equità: dalla Germania alla Francia, dal Belgio all’Austria, i Paesi che hanno aderito all’Euro non hanno fissato termini perentori per la conversione. E chi lo ha fatto, ha concesso limiti temporali abbondanti. L’Italia invece ha stabilito che nel 2012 suonasse l’ultima sirena, generando un’evidente disparità di trattamento tra cittadini europei, a danno peraltro dell’economia nazionale.

«Eppure nel trattato di Maastricht e in ogni successivo accordo non vi è alcun termine temporale nè quantitativo alla conversione delle precedente moneta nazionale – sottolinea l’avvocato veneto Luciano Faraon, che cura gli interessi di molte famiglie e imprese in questa delicata controversia con Bankitalia – fermo restando l’obbligo della distruzione delle vecchie banconote». Ciò che non avvenne con il decreto Monti nel 2011, quando furono emessi 1,2 miliardi di euro a fronte dell’“espropriazione” di una presunta quantità di lire non convertite, senza dunque acquisizione fisica e distruzione delle banconote.

Il decreto, pur bocciato dalla Corte Costituzionale, di fatto continua a dispiegare i suoi effetti se è vero, come ricorda l’avvocato Faraon, «che i dirigenti della Banca d’Italia fanno presente che non possono convertire fino a quando il Ministero dell’Economia non restituisce la somma avuta a prestito con il decreto Monti. Ma i cittadini non possono essere coinvolti in questa diatriba». Eppure, tra circolari tecniche, singoli pronuciamenti di giudici e proposte di legge abortite, siamo in un labirinto che rimanda al punto di partenza: le lire in euro non si possono cambiare. Come uscirne? Una via è quella legale: entro fine anno è attesa la “risposta” della seconda sezione del Tribunale di Roma alla “domanda” di conversione di mille miliardi di lire presentata da Faraon che tuttavia auspica una soluzione legislativa, la seconda via. «La finestra per il cambio dovrebbe essere riaperta - suggerisce il legale - con una leggera multa per non aver rispettato il termine precedentemente fissato. Così verrebbe sanata un’ingiustiza e generata ricchezza».

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