
di Nicola Palma
"Pronto, mi dica". "Ascolti, con chi parlo?". "Gallo Assicurazioni", risponde l’operatrice. "Con la Gallo? Ascolti, io sono venuto qua in via Parea, dove siete?". "Via Parea numero 14". "Ascolta, qua non c’è nessun 14! Ascolta, io sono da stamattina e da ieri che vi sto cercando...". "Come non esiste il 14? Ci siamo noi!", insiste l’interlocutrice. "Ma che mi sta prendendo per scemo, voi non esistete come agenzia...". La gang delle finte assicurazioni aveva scelto, probabilmente a caso, quell’indirizzo per la sede legale dell’Agenzia Gallo Assicurazioni, che si trova ancora navigando su Google Maps: via Parea 14, a Ponte Lambro. Peccato che lì non ci siano mai stati né uffici né impiegati da contattare. Sì, perché il sito galloassicurazioni.com, così come gli altri 40 oscurati dai carabinieri, era opera di una banda di abili imbroglioni del Casertano, guidata da due fratelli già coinvolti nel recente passato in due indagini identiche (in una si ipotizzavano legami coi Casalesi). A valle di una complicatissima inchiesta, ieri i militari del Nucleo investigativo di Milano, coordinati dal tenente colonnello Antonio Coppola, hanno tirato la rete, smantellando il gruppo criminale con base tra Cancello ed Arnone, Castel Volturno e Villa Literno: in carcere i presunti capi dell’associazione a delinquere Dionigi e Federico Catena, in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Santa Maria Capua Vetere Orazio Rossi (a quel Tribunale sono stati trasmessi gli atti per competenza territoriale); per altri 7, tra cui il factotum Salvatore Piccerillo, sono stati disposti i domiciliari.
Le indagini scattano nel dicembre 2016, quando la Procura di Milano delega i segugi di via Moscova ad approfondire le denunce presentate dal colosso assicurativo svizzero Helvetia Sa su una serie di "falsi contratti temporanei di tipo Rca" apparentemente emessi dalla compagnia ma in realtà prodotti da chissà chi e rivenduti attraverso spazi web di intermediazione. Si parte da tre indirizzi on line: galloassicurazioni.com, assipuntopuntodrive.com e studiobovio.com. I primi accertamenti fanno sospettare ai carabinieri "che dietro all’attività commercialmente predisposta da questi siti – riassume il gip – ci fosse un’unica organizzazione, con base operativa localizzata nella provincia di Caserta". Un’organizzazione capace di generare profitti enormi, se è vero che dall’analisi degli estratti conto ritrovati sulla mail gallogiovanna72@libero.it è emerso un giro d’affari di "circa un milione di euro nell’arco di due anni di attività", soltanto per galloassicurazioni.com. Funzionava così. Tramite portali realizzati apposta da un webmaster, venivano offerte a cittadini e intermediari (pure loro caduti nel tranello) polizze Rca di breve durata (da un giorno a qualche mese), fatte apposta per chi utilizza auto e moto per brevi periodi e non vuol pagare l’assicurazione annuale. I malcapitati, invogliati dalla possibilità di risparmiare, prendevano contatti con gli operatori del call center (uomini e donne stipendiati dai Catena, con normali orari da ufficio e sottoposti pure a controlli di sangue e urine sull’eventuale uso di droga), versavano il dovuto e ricevevano copia dell’assicurazione, griffata Helvetia (23 casi), Groupama (7), Cattolica, Axa o Unipol, convinti di essere in regola. E invece bastava un controllo della locale per smascherare la truffa.
Il 3 ottobre 2018, una vigilessa di Caorle, in provincia di Venezia, chiama con insistenza il call center della Gallo per avere informazioni su un’auto priva di Rca nonostante il suo conducente giuri di aver pagato tutto: "A me risulta assicurata e a voi no, io non lo comprendo... non saprei darle altre spiegazioni...", balbetta Paola, nome col quale l’operatice V.R. si presentava ai clienti. "No, no, ma era solo per capire... – ribatte l’agente –. Siccome il Sic (il Servizio informativo controlli, portale che contiene le targhe di tutti i veicoli in circolazione, ndr) è uguale per tutti, da noi il Sic dà che è scaduta il 23 di maggio 2018, a lei risulta assicurata, è l’unica che la vede assicurata. Quindi volevo capire dov’è l’inghippo!". L’inghippo c’era eccome. Un inghippo costato caro a migliaia di persone (forse 30mila), anche se nell’operazione "Reste" sono stati contestati alla banda "solo" 49 episodi. In realtà, i casi sarebbero molti di più, visto che i Catena ci hanno costruito sopra un vero e proprio impero, reinvestendo i proventi illeciti in sale slot, negozi di abbigliamento e società di compravendita di veicoli (sotto sequestro preventivo beni per 30 milioni di euro). "Dionigi l’ha inventato lui questo lavoro! – diceva intercettato Vittorio Alfiero sfogandosi contro il capo despota Piccerillo –. Non ha capito che quando Dionigi guadagnava 20mila euro al giorno, Salvatore non aveva neanche i soldi per comprarsi le scarpe! Hai capito! Dionigi guadagnava 20mila euro al giorno con questo lavoro! Al giorno!".