Liliana Segre: "L’indifferenza porta alla violenza"

Il sindaco Sala, intervenuto al Memoriale, attacca: nessuno spazio per chi fa i saluti romani, mi batterò con tutte le mie forze

Liliana Segre

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Milano, 1 febbraio 2021 - "Io mi batterò con tutte le mie forze per far sì che tutte quelle forze politiche che accettano al loro interno persone che fanno saluti romani in luoghi sacri, come i consigli comunali, non abbiano spazio a Milano. E lo dico con grande determinazione perché è per questo che faccio politica". Ha usato parole forti il sindaco Giuseppe Sala intervenuto ieri al Memoriale della Shoah, per ricordare l’anniversario della deportazione di Liliana Segre, quel 30 gennaio del 1944, insieme ad altri 604 sventurati e dei tanti ebrei che partirono anche dopo.

Un incontro promosso dalla Comunità di Sant’Egidio che si svolge consecutivamente da 25 anni, da quando la comunità ebraica, insieme a Liliana Segre, Nedo Fiano e Goti Bauer, si ritrovò per fare memoria della deportazione in un luogo che Milano aveva dimenticato, In un colpevole silenzio. "La memoria è fondamentale per il futuro, questo è un luogo di riscatto per Milano - ha aggiunto Sala a cui va riconosciuto il merito di aver fatto molto per la memoria in questo suo primo mandato -, perché qui è nato il fascismo e non dobbiamo dimenticarci che i pericoli per quella sciagura storica non sono finiti".E, come ogni anno, toccante la testimonianza di Liliana Segre che ha ricordato come "l’indifferenza porta alla violenza, perché l’indifferenza è già violenza". Quella parola che ha voluto scolpire a caratteri cubitali all’ingresso del Memoriale della Shoah, non un museo ma un luogo vivo di memoria che tutti dovrebbero visitare almeno una volta nella vita. "Quando i violenti erano aiutati dai fascisti ci guardavamo intorno e sentivamo le urla e le grida in italiano. Erano i nostri fratelli - ha aggiunto -. Quando ci hanno spinto nei vagoni e sigillati ognuno piangeva con le lacrime dell’altro. Il giorno dopo ero già una ragazza vecchia che cercava di non sentire e non vedere. Cominciavo a cercare di sottrarmi alla disperazione e cercavo di avere quella forza che hanno gli adolescenti, che sono fortissimi e possono cambiare il destino loro e dei loro genitori spesso deboli".

E l’altro suo pensiero è andato ai detenuti, "mi voglio occupare di loro e voglio che siano vaccinati, ho passato 40 giorni in quelle celle che so che oggi sono state rinnovate". Perchè, ha sottolineato, "nessuno ci ha fermato per strada quando con i camion ci hanno portato alla Stazione Centrale per essere deportati. Sono stati i detenuti che ci hanno dato l’ultimo saluto di grande umanità. Quei detenuti ci hanno fatto sentire ancora delle persone". Una stanza della testimonianza è stata intitolata a Nedo Fiano, instancabile testimone della Memoria recentemente scomparso. "Tutte le volte che ci siamo incontrati con il mio fratello di spirito, Nedo", ha ricordato la Segre, "non parlavamo mai del passato ma sempre dei nostri figli e dei nostri nipoti, la vittoria più grande delle nostre vite era stata quella. Di non essere morti, di essere vivi per caso, di non aver fatto qualcosa di eroico ma essere stati risparmiati dalla macchina nazista". 

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