MASSIMILIANO MINGOIA
Cronaca

Il Leoncavallo vuole resistere: il centro sociale non lascerà via Watteau. Sabato l’assemblea anti-sfratto

Milano, dialogo tra Comune e disobbedienti dopo la condanna del Viminale a risarcire i Cabassi. L’avvocato Mazzali: risarcimento a carico delle mamme antifasciste? Si tratta di un’ipotetica messa in mora

Una delle passate giornate di mobilitazione antisfratto del Leoncavallo

Una delle passate giornate di mobilitazione antisfratto del Leoncavallo

Una delle frasi chiave della nota del Leoncavallo, ripresa direttamente dal 1993, gli anni “eroici“ del centro sociale, è “andare oltre, oggi vuol dire ridisegnare la città sui bisogni della gente e non sui profitti dei padroni“. Un messaggio forte contenuto nel documento apparsa sul profilo Facebook del Leonka che preannuncia per sabato alle 18 un’assemblea pubblica, “verso la giornata antisfratto del 24 gennaio”, 131° tentativo di sfrattare i leoncavallini dallo stabile di via Watteau occupato nel 1994. Le previsioni dicono che il 24 non succederà niente di nuovo. L’ennesima notifica di sfratto non avrà conseguenze concrete, gli occupanti resteranno nello stabile occupato. Ma da qui all’estate qualcosa potrebbe accadere.

Comune e Prefettura hanno già ripreso in mano il dossier Leonka dopo la la condanna inflitta al ministero dell’Interno a risarcire tre milioni di euro ai Cabassi per il mancato sgombero di via Watteau. Una condanna che in ogni caso il Viminale non intende subire passivamente.

Tanto che lo scorso 9 dicembre l’Avvocatura dello Stato ha inviato per conto del ministero all’Associazione delle mamme antifasciste del Leoncavallo e alla presidente Marina Boer una raccomandata il cui messaggio recita: se saremo obbligati a pagare, chiederemo a voi tutti i soldi sborsati.

“Si tratta solo di una manleva. Prima lo Stato deve pagare, poi eventualmente si rivolgerà al Leoncavallo – commenta lo storico avvocato del Leonka, Mirko Mazzali –. Si tratta di una cosa tecnica, di una messa in mora ma è una cosa ipotetica e futura. Immagino che quando si risolverà la vicenda, quando per esempio la famiglia Cabassi ritornerà in possesso dell’immobile, la vicenda si risolverà”.

La legale rappresentante dell’Associazione, Marina Boer, è preoccupata? “Discretamente. Chi non lo sarebbe dopo aver ricevuto una lettera che dice che potresti dover pagare tre milioni di euro?”. Da settimane sono in corso contatti tra Comune e Leonka, sotto il cappello della Prefettura, per mettere fine alla telenovela: l’idea è quella di individuare una sede alternativa a via Watteau, con un paio di opzioni sul tavolo e un orizzonte temporale che guarda all’estate come termine per raggiungere un accordo, che potrebbe evitare al Viminale (e alle mamme del Leoncavallo) di pagare i tre milioni di euro per il mancato sgombero dell’immobile.