MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Le foto dei “ragazzi difficili“: "In mostra il loro mondo tra malinconia e speranza"

Da oggi a Base Milano. Autori, 11 adolescenti che stanno cercando di uscire dal tunnel delle dipendenze. A guidarli è il fotogiornalista Pietro Masturzo: "A noi adulti questi giovani chiedono di essere compresi".

Le foto dei “ragazzi difficili“: "In mostra il loro mondo tra malinconia e speranza"

"Grazie alla potenza della fotografia, questi ragazzi ci fanno capire che esistono e mettono sul piatto ciò che realmente sono cercando comprensione e non i giudizi di noi adulti. Nel loro mondo vediamo malinconia e difficoltà ma anche speranza, senso di riscatto e amicizia: con fiducia, a poco a poco, si sono aperti. Non era scontato". A spiegarlo è il fotogiornalista Pietro Masturzo – che nel 2010 ha ricevuto il World press photo of the year per un’immagine scattata a Teheran durante le proteste contro il regime iraniano –, il quale ha guidato un laboratorio per undici ragazzi e ragazze tra i 17 e i 18 anni seguiti da Spazio Blu, servizio dell’Asst Santi Paolo e Carlo che supporta minori e giovani assuntori di sostanze stupefacenti sottoposti a provvedimento dell’Autorità giudiziaria. La maggior parte di loro vive in comunità, qualcuno è stato al carcere Beccaria. Tutti hanno alle spalle un passato difficile e stanno cercando di liberarsi delle dipendenze. L’arte della fotografia può aiutarli? La risposta è contenuta nella mostra “Out of the Blue. Confini di una generazione” con oltre 60 immagini scattate proprio da questi giovani ai margini. Da oggi – fino al 17 luglio – è possibile ammirarle a Base Milano, in via Bergognone 34. Un progetto dell’associazione Ri-Scatti Odv con il sostegno di Canon, che ha messo a disposizione pure l’attrezzatura per ciascun ragazzo. Accanto a Masturzo, i fotografi volontari di Ri-Scatti Giulia Bellezza, Paolo Folli, Andrea Picchio e Chiara Vitellozzi.

Masturzo, in cosa consiste il progetto?

"L’iniziativa “Caleidoscopio, obiettivi di vite“ è cominciata all’inizio dell’anno. È una straordinaria opportunità per i giovani coinvolti di raccontare, attraverso l’obiettivo, la propria visione del mondo, condividendo difficili storie personali. Per prima cosa, i ragazzi sono stati aiutati dal punto di vista tecnico ricevendo nozioni di base di fotografia. Tutti hanno ricevuto una macchina digitale e hanno imparato a usarla. Finora erano abituati a scattare foto solo con lo smartphone. Quindi hanno potuto scoprire e coltivare il proprio talento, e chissà che qualcuno di loro un domani non decida di diventare fotografo".

Com’è stato il primo impatto?

"Molto difficile. Non nascondo di essere rimasto molto perplesso, dopo il primo incontro, perché l’interesse sembrava quasi nullo. I ragazzi hanno alzato subito un muro. Ma poi la situazione si è ribaltata. Non si conoscevano neanche tra di loro e hanno creato un gruppo meraviglioso. Poi si sono aperti anche con noi adulti, raccontandoci il loro mondo senza filtri. Hanno capito la potenza della fotografia e io sono grato a loro per aver ricevuto più di quanto sia riuscito a dare".

Cosa ha ricevuto?

"La loro fiducia, che non ha prezzo. Si sono fidati e mi hanno portato (ci hanno portato) nel loro mondo. Hanno immortalato momenti di vita quotidiana, nei luoghi di ritrovo, a casa o in comunità, aprendo una finestra su sensazioni, sentimenti e fragilità. Sono riusciti a raccontarsi. È venuto fuori l’autoritratto di una generazione".

Tra le foto scattate dai ragazzi, quali l’hanno colpita particolarmente?

"Tutte. Se dovessi scegliere, direi gli autoritratti. Un ragazzo si è fotografato insieme al suo cane, che era il soggetto del 90% dei suoi scatti. Ci fa capire che è il suo migliore amico. Un altro ha coinvolto i compagni di scuola, fotografandoli davanti a un murale fuori da scuola. In tante immagini, poi, al centro c’è la trap che è il punto di riferimento musicale di questi ragazzi. Tra le scelte dei soggetti, pure i tatuaggi a cui sono particolarmente affezionati e i palazzoni di periferia in cui vivono. Protagonista pure un giovane che si tiene la testa tra le mani nella sua stanza, in comunità. Sul muro c’è una foto con la scritta “Non esistono ragazzi cattivi“. Io non leggo disperazione ma un disagio. Quella dell’adolescenza è già di per sé un’età difficile ma per questi ragazzi, cresciuti in contesti complicati, lo è molto di più".