Said e Samir morti da schiavi nel cantiere delle ville di lusso dell'imprenditore russo

Chi erano i due morti nel container del cantiere, uccisi dal monossido a Moltrasio. "Dormivano lì da 25 giorni"

Said Salah Ibrahim Abdelaziz e Samir Mohamed Said, morti nel cantiere di Moltrasio

Said Salah Ibrahim Abdelaziz e Samir Mohamed Said, morti nel cantiere di Moltrasio

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Il sogno di conquistare un futuro migliore si è infranto in una notte. Soffocato dall’aria velenosa che ha spazzato via le vite di Said Salah Ibrahim Abdelaziz, 25 anni, e Samir Mohamed Said, 29, i due operai egiziani uccisi dalle esalazioni di monossido di carbonio sprigionato da un braciere improvvisato che avevano acceso per scaldarsi durante la notte nel container del cantiere edile di Moltrasio dove lavoravano.

Chi erano le vittime

Said era arrivato a Milano da appena 40 giorni, Samir da 4 mesi. Un posto letto in un alloggio del quartiere popolare di San Siro, la fatica quotidiana e la notte trascorsa a vegliarlo con il pensiero rivolto alle mogli e ai figli (Samir era padre di tre bimbi, Salah di due) rimasti in patria. Desideravano riunire le famiglie un domani. Lavoravano per questo. Ma invece del futuro hanno trovato una morte da schiavi.

Nel cantiere di lusso

Una fine drammatica, chiusi in un tugurio che in una linea ideale rappresenta l’estremo opposto rispetto alle tre ville di lusso con vista lago di Como che sorgeranno in quell’area su impulso di un imprenditore russo. Quel prefabbricato è diventato la loro tomba. Said Salah e Samir Mohamed erano gli ultimi anelli della catena, quelli che non riposavano neppure di notte. "Non so se erano assunti in regola, ma so che da 25 giorni lavoravano e dormivano lì, in quel container", ha commentato Ali Said Abdelghani, cugino di una delle due vittime, che ha raggiunto Moltrasio appena ha saputo della morte dei due ragazzi, trovati rannicchiati ieri mattina. Il freddo della notte deve averli spinti a creare dal nulla un braciere, con un secchio e qualcosa per accendere il fuoco. Lo spazio chiuso e angusto li ha traditi: hanno respirato monossido, inconsapevoli.

Le indagini

"Avevano raggiunto Moltrasio in auto. Ad andarli a prendere a San Siro era stato un loro superiore", racconta un conoscente. La loro condizione lavorativa è ora al vaglio dei carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Como, che dopo il sopralluogo hanno ascoltato tutte le persone coinvolte, dai committenti ai titolari delle imprese, nel tentativo di fare luce sulla condizione dei due operai e anche sull’organizzazione generale di quel cantiere. Non è ancora chiaro se i due avessero un contratto di assunzione e di che tipo. Pare lavorassero per un’impresa che risulta la terza subappaltatrice da quando è stato aperto il cantiere.

Le famiglie

"Erano arrivati a Milano da poco, Salah da 40 giorni e Samir da 4 mesi – fa sapere Mohamed Youssef, parente del primo –. Avevano scelto Milano perché qui avevano dei familiari su cui poter contare, uno un fratello e l’altro un cugino. E il lavoro lo avevano trovato a Moltrasio, mettendosi a disposizione come muratori".

La rabbia e il dolore

Entrambi avevano come punto d’appoggio un appartamento nel quartiere popolare di San Siro, tra piazzale Selinunte e via Paravia, "alloggio che condividevano con altri connazionali", raccontano alcuni abitanti del quartiere. Ieri mattina, la comunità egiziana della zona era sotto choc. "Sapevano già tutto. Erano sconvolti", il commento in un bar di via Paravia. E anche se in questa zona la convivenza tra le diverse anime è difficile, e spesso gli inquilini regolari puntano il dito contro "appartamenti sovraffollati dove abusivamente convivono più persone", per i due amici le parole dell’addio sono diverse: "Erano lavoratori, si sacrificavano, pensavano alle loro famiglie. Non avevano nulla a che vedere con gli spacciatori e i delinquenti della zona: erano semplicemente dei bravi ragazzi, padri di famiglia, che sognavano una vita migliore". Riscattarsi dalla povertà. Purtroppo, la storia è finita in tragedia.

 

 

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