
Incidente sul lavoro alla Lamina Spa
Milano, 28 maggio 2018 - «Omicidio colposo plurimo, con l’aggravante dell’aver commesso il fatto in violazione della normativa in materia di sicurezza sul lavoro». Chiuse le indagini, la Procura si pronuncerà sul rinvio a giudizio (l’esito è scontato) a carico di Roberto Sammarchi, legale rappresentante e datore di lavoro dell’azienda metallurgica Lamina. Come si legge nell’avviso di conclusione, firmato dai pm Maria Letizia Mocciaro e Gaetano Ruta, coordinati dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, Sammarchi sarebbe responsabile della morte dei quattro operai Arrigo e Giancarlo Barbieri, Giuseppe Setzu e Marco Santamaria, «per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza delle norme sulla prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro». Indagata anche la società a cui sono state contestate violazioni al Testo unico in materia di sicurezza sul lavoro. Il forno in cui i lavoratori sono morti soffocati, secondo la perizia, era difettoso. In particolare, non erano perfettamente funzionanti la centralina e il condotto di erogazione del gas argon. In secondo luogo, c’erano altre falle nell’organizzazione e nei protocolli di soccorso. I due operai intervenuti in soccorso dei colleghi che si trovavano già nel forno non erano consapevoli del rischio che stavano correndo. Non vestivano maschere antigas e non avevano ricevuto sufficiente formazione per fronteggiare in sicurezza simili emergenze. Come si legge ancora nell’avviso di conclusione delle indagini, «la società Lamina non si sarebbe attenuta agli standard di sicurezza necessari previsti dalla legge, procurandosi così un vantaggio patrimoniale rappresentato dal risparmio di spesa». I giudici contestano alla proprietà di avere risparmiato proprio sulla sicurezza senza pensare alle possibili conseguenze di un eventuale incidente. Dalla ricostruzione degli inquirenti, il primo degli operai a entrare nella fossa del forno fu l’elettricista Marco Santamaria, tra le 15,50 e le 16,45 circa del 16 gennaio scorso, per eseguire una manutenzione sulla centralina elettrica. Poco dopo fu seguito da Arrigo Barbieri e poi da Giancarlo Barbieri. Quest’ultimo, vedendo i due colleghi, entrati prima di lui, privi di sensi e riversi sul fondo del forno, lancia l’allarme e, nel tentativo di prestare soccorso, sviene pochi secondi dopo sul corpo del fratello. Viene quindi seguito dal quarto operaio Giuseppe Setzu, che prova ad aiutare i colleghi, ma perde improvvisamente i sensi a metà della scala che conduce sul fondo. Probabilmente le perizie e il processo non riusciranno mai a fare luce con precisione sulla concatenazione di errori successi quel pomeriggio del 16 gennaio. Primo mistero: la centralina che gestiva il sistema d’allarme funzionava, ma al momento della tragedia era disabilitata. Chi e quando l’aveva fatto? E soprattutto, perché? Secondo mistero. La valvola manuale del rubinetto del gas argon a servizio del forno dove persero la vita i quattro operai è risultata con apertura non di un solo giro, come previsto dai normali trattamenti, ma addirittura di cinque.