Milano, le anomalie nella strage alla Lamina

Vertice in Procura tra il pm Letizia Mocciaro e gli esperti incaricati degli accertamenti sulle cause dell’incidente alla Lamina di Milano che ha provocato la morte di quattro operai

Carabinieri davanti alla Lamina Spa

Carabinieri davanti alla Lamina Spa

Milano, 20 marzo 2018 - Vertice in Procura tra il pm Letizia Mocciaro e gli esperti incaricati degli accertamenti sulle cause dell’incidente alla Lamina di Milano che ha provocato la morte di quattro operai. L’ipotesi di un malfunzionamento del sistema di sicurezza che interviene nel caso di anomalie. L’ambiente era saturo di argon, un gas letale se inalato in grosse quantità. I sensori, però, non sarebbero scattati anche se il sistema d’allarme era funzionante.

L'ALLARME FUNZIONAVA, DUBBI SUI SENSORI - L’allarme dell’impianto della Lamina Spa dove si è verificato l’incidente costato la vita a quattro lavoratori, secondo quanto emerge dagli accertamenti era funzionante ma non è scattato. Ci sarebbero dubbi sull’adeguatezza dei sistemi di sicurezza rispetto al tipo di impianto, una vasca del forno per la lavorazione dei metalli nello stabilimento in via Rho 9 della Laminatoi Milanesi Nastri. I consulenti hanno vagliato attentamente l’ipotesi di un guasto, di un eventuale malfunzionamento dei sensori in grado di rilevare anomalie sulla base del livello di ossigeno nell’impianto. Nel forno si è sprigionato l’argon, un gas inodore e insapore che ha saturato l’ambiente. Una concentrazione talmente elevata che ha provocato la morte per asfissia dei quattro lavoratori, mentre altri due sono rimasti intossicati in modo lieve. Che cosaha provocato la fuoriuscita dell’argon, usato nella lavorazione dei metalli? Un guasto tecnico o un errore umano? Le risposte saranno decisive per fare chiarezza sulla dinamica dell’incidente e su eventuali responsabilità. Allo stato l’unico indagato per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose è il responsabile legale dell’azienda, Roberto Sanmarchi. Dalle prime indiscrezioni sul lavoro del consulente della Procura di Milano, il professor Muzio Gola, ingegnere meccanico, sarebbero state riscontrate alcune anomalie nei sistemi di sicurezza, nonostante l’allarme fosse in grado di suonare regolarmente. L’esperto ieri ha incontrato il pm di Milano Maria Letizia Mocciaro, che coordina le indagini sull’incidente. Il quesito posto dagli inquirenti è ampio e impone anche la verifica del rispetto delle misure di sicurezza, oltre che accertamenti specifici sugli impianti a gas. Gli esiti degli accertamenti confluiranno nella relazione conclusiva del professor Gola, che ha condotto anche alcuni sopralluoghi sull’impianto assieme ai consulenti nominati dall’indagato e dai familiari delle vittime.

L'IPOTESI DI UN ERRORE NELLA PROGETTAZIONE - L’impianto dove si è verificato l’incidente non era obsoleto, e non sarebbero state riscontrate macroscopiche carenze nella manutenzione. Forse il problema, secondo i primi accertamenti, potrebbe risiedere a monte, nella progettazione. Ipotesi che sono al vaglio degli inquirenti, per fare luce sulla dinamica dell’incidente costato la vita a quattro lavoratori nella fabbrica di nastri in acciaio e titanio: Giuseppe Setzu, Marco Santamaria, i fratelli Arrigo e Giancarlo Barbieri. Sotto la lente il forno che si trova a due metri sotto il livello stradale, utilizzato per la fusione di materiale ad altissime temperature. Lo scorso 16 gennaio, nel pomeriggio, i quattro operai - di 43, 49, 58 e 62 anni - avevano il compito di pulirlo dai residui di lavorazione ma poco dopo essersi messi all’opera, intorno alle 16.50, sono stati avvolti dalle esalazioni dell’argon e sono rimasti asfissiati. Altri due dipendenti di 45 e 48 anni si sono accorti di cosa stava accadendo e hanno dato l’allarme dopo aver tentato di aiutare i colleghi. Sono rimasti lievemente intossicati, mentre per i quattro lavoratori non c’è stato nulla da fare. L’esposizione al gas si era protratta per troppo tempo. Subito dopo l’incidente i carabinieri della compagnia di Milano Porta Monforte si sono messi al lavoro per capire se si sia trattato di un errore umano o del malfunzionamento di qualche strumento. Tra l’altro i sensori erano stati controllati un mese prima dell’incidente. E gli operai non avevano descritto una situazione caratterizzata da mancanza di sicurezza nell’azienda. «Sono alla Lamina da 28 anni - aveva spiegato un dipendente - e non è mai successo nulla. L’azienda è sempre stata attenta alla salute, non capisco come sia potuto accadere. Il nostro titolare è molto attento alla sicurezza - aveva proseguito - se qualcuno non indossa le protezioni prende un euro di multa che poi va in beneficenza».

UN GUASTO TECNICO O L'ERRORE UMANO - Si è verificato un guasto tecnico oppure l’incidente alla Lamina è stato provocato da un utilizzo scorretto dell’impianto? Le risposte a queste domande saranno fondamentali per chiarire eventuali responsabilità, e per decidere la posizione del responsabile legale della Lamina, Roberto Sanmarchi, difeso dall’avvocato Roberto Nicolosi Petringa. Finora è l’unica persona iscritta nel registro degli indagati per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Anche sulla base dei risultati degli accertamenti effettuati dal consulente incaricato dei rilievi - il professor Muzio Gola - il pm Maria Letizia Mocciaro in futuro stabilirà se chiedere il processo o l’archiviazione. Quando si è verificato l’incidente erano al lavoro operai esperti, che conoscevano quel macchinario. Nel corso delle attività di indagine sono state ascoltate decine di persone tra dipendenti della Lamina, addetti alla sicurezza e ai controlli e altre figure professionali. L’impianto, posto sotto sequestro, è stato esaminato minuziosamente e sono state effettuate prove sul funzionamento, per chiarire che cosa abbia portato alla fuoriuscita dell’argon e verificare eventuali anomalie nel sistema di sicurezza. «Le famiglie vogliono capire che cosa è successo, le ragioni dell’incidente», spiega l’avvocato Francesca Spotti, legale dei familiari di uno dei fratelli Barbieri. «Vogliono che si faccia chiarezza - prosegue - sulle cause della morte dei quattro lavoratori». Pochi giorni dopo la tragedia la Lamina ha riaperto, e sono riprese le attività, scongiurando lo spettro della cassa integrazione per gli operai. Resta il ricordo indelebile della tragedia, di uno dei più gravi infortuni sul lavoro avvenuti in tempi recenti a Milano.

IL GAS KILLER INODORE E INSAPORE - L’autopsia eseguita dal medico legale sui corpi dei quattro lavoratori morti in seguito all’incidente alla Lamina ha confermato che sono rimasti asfissiati a causa dell’inalazione di una grossa quantità di argon. La relazione conclusiva non è stata ancora depositata, ma non ci sarebbero dubbi sul tipo di gas che ha provocato la morte. Secondo quanto appurato, gli operai hanno respirato una quantità abnorme di gas che si è sprigionato per cause ancora in fase d’accertamento saturando tutto l’ambiente dove si trovavano i dipendenti. L’argon, inodore e insapore sia nella forma liquida che in quella gassosa, non è tossico per l’organismo. Tuttavia concentrazioni molto elevate di questo gas danno luogo a una sintomatologia asfittica poiché non soddisfa la richiesta di ossigeno della respirazione. A causa del peso specifico dell’argon, che viene usato anche per estinguere incendi con il suo effetto “asfissiante”, questo gas tende a ristagnare negli ambienti, perciò lo stoccaggio di grandi quantità di argon in locali piccoli e chiusi è pericoloso nel caso di perdite. Resta  da capire che cosa abbia provocato la fuga di gas. Nel corso dei sopralluoghi non sarebbero emersi difetti evidenti nella rete di distribuzione del gas, buchi o rotture. Però il gas è fuoriuscito, e ha riempito totalmente l’ambiente. Subito dopo la tragedia i vigili del fuoco avevano rilevato assenza totale di ossigeno nella fossa di due metri in cui si trovavano i quattro operai. L’argon, quindi, non ha lasciato scampo

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro