
Negri Faceva un grande caldo, anzi di più. L’estate egizia del piano padano – per boccheggiante definizione di Carlo Cattaneo –...
Negri
Faceva un grande caldo, anzi di più. L’estate egizia del piano padano – per boccheggiante definizione di Carlo Cattaneo – dava il meglio di sé, cioè il peggio. Afa opaca, biancore di cieli e notti spesse, da poterci piantare un chiodo. Proprio in quei giorni al macero entrò in azione una masnada sacrilega che il giornale aveva subito ribattezzato la Banda dei Camposanti: rubavano il rubabile nei cimiteri di campagna, verso l’Adda. Non si sa in quanti fossero, ma questo era il problema minore: per fare gruppo, si sa, ne bastano tre. No, il problema vero era che il capo redattore, con eccesso di ottimismo sulle mie qualità di cronista di nera, mi aveva affidato un servizio che i veri segugi delle storie torbide, colleghe e colleghi da tanto di cappello, avrebbero seguito con animo rampante. Faceva un caldo in umido, da schiattare e l’ho già detto: non avevo alcuna voglia di girare per cimiteri facendo il resoconto di cappelle scassinate, tombe depredate di vasi, lumini e - anche - fiori di plastica trafugati. Era una banda del cavolo, diciamola tutta, più vandali che ladri, ma a me faceva comunque una sinistra impressione. Arrivai di malavoglia nel luogo dell’ultima impresa: un piccolo cimitero già in argomento di fiume. Il custode, di antica setola rossa, mi guardò in faccia e, cogliendo al volo il mio disagio, raccontò con voce lenta e bassa, come a rivelare cose segrete e indicibili: "Io faccio un po’ la guardia, ma di giorno. Chi si immaginava... Sono venuti ieri notte. Che gente: non hanno rispetto nemmeno per i morti. Hanno forzato, rotto tutto. Pensi – aggiunse l’uomo in un sibilo, fissandomi negli occhi – da quella tomba là in fondo hanno portato via anche una mano...". Vacillai. Per un attimo il cielo d’anguria bianca sembrò colare addosso, soffocandomi. Mi aggrappai, quasi, a un angelo di pietra, il primo che mi era venuto a tiro. Il custode aveva un’espressione quasi divertita: "Sì, hanno tagliato via una mano... una mano di bronzo della statua... delinquenti: venga, le faccio vedere...". Stavo ancora vacillando: seguii incerto le spalle del custode, che sussultavano. Come trattenendo a fatica una impellente risata.