Ha chiesto di poter terminare il mio impiego in anticipo, "per difficoltà a dormire, disturbi dell’alimentazione, ansia. Si viveva un clima di fortissima conflittualità e paura". Lo ha sottolineato la ex dipendente del centro diurno disabili oggetto delle indagini dei carabinieri coordinate dalla Procura e cominciate proprio con la denuncia della donna, un’educatrice professionale, poi sfociate in un’ordinanza di divieto all’esercizio dell’attività per 8 persone della struttura della periferia sud della città, tra responsabili, educatori e operatori socio sanitari. La donna, come riportato negli atti, ha fatto presente di aver segnalato alla dirigenza certi episodi a cui aveva assistito, il fatto che per imboccare alcuni ospiti venisse tappato loro il naso, anche "difficoltà riscontrate nel chiedere ai colleghi oss di accompagnare in bagno gli utenti". Dei miglioramenti, poi, a suo dire, ci sarebbero stati. Ma sentendo dai responsabili del centro che "ci sarebbe voluto tempo" per un’adeguata assistenza, l’educatrice avrebbe replicato: "Quanto tempo per te è accettabile aspettare, perché sia rispettata la dignità delle persone?". Ci sono voluti mesi di indagini, terminate lo scorso autunno, per avere un quadro chiaro. Lo scorso 7 aprile, l’ordinanza di misura cautelare, eseguita il giorno dopo. E già il “terremoto“ aveva scosso le famiglie degli utenti: molti parenti si erano accorti che qualcosa non andava ma non avevano idea della gravità della situazione, considerando anche la difficoltà di comunicazione dei loro cari. Raccolte anche le testimonianze di alcune madri, che hanno espresso tutta la loro sofferenza: "Una volta mio figlio è tornato a casa con un orecchio nero. Comunica a fatica. Più di una volta, piangendo, mimando il gesto di due mani che stringono il petto, mi ha comunicato che gli operatori gli hanno fatto violenza per farlo sedere, strattonandolo e spingendolo". Un altro giorno "mi sono messa a piangere nel vedere che aveva un brutto morso sul braccio, c’erano i buchi dei denti. Avrei dovuto fare denuncia ma non l’ho fatto". Un’altra ha fatto presente che suo figlio tornava spesso dal centro "bagnato di urina. Ogni tanto rientra con lividi e segni ma non riesce a comunicarmi quello che succede. La sera è una pentola a pressione, oltre che affamato. A volte cambia il timbro della voce, diventa severo in volto, ripete il suo nome seguito da “Stai zitto“ e muove il dito indice con fare imperativo". Tutte le testimonianze, unite alle indagini con intercettazioni ambientali (anche con l’utilizzo di telecamere) e altri accertamenti, hanno portato a emettere i provvedimenti.
I precedenti, purtroppo, non mancano. A ottobre del 2023, sei persone imputate per maltrattamenti ed esercizio abusivo della professione nei confronti degli ospiti di una comunità per disabili di Cesate, gestita da un’altra cooperativa, erano stati condannati fino a 4 anni di reclusione, accusati di maltrattamenti, umiliazioni e violenze ai danni di nove ospiti disabili psichici. L’indagine era iniziata a febbraio 2021, anche allora grazie alla segnalazione fatta da una dipendente della comunità, da poco assunta, ai carabinieri di Castellanza (Varese).
M.V.