
Dominique Meyer, ex sovrintendente della Scala e neopresidente del Teatro Sociale di Como
Dominique Meyer e la grande musica, un’unione indissolubile che ha attraversato i maggiori teatri europei. Economista e manager culturale, fino a due mesi fa è stato Sovrintendente e direttore artistico del Teatro alla Scala, prima ancora Sovrintendente alla Wiener Staatsoper, al Théâtre des Champs-Élysées di Parigi e Direttore generale dell’Opéra National de Paris. Attuale direttore esecutivo dell’Orchestra da Camera di Losanna, annuncia il suo nuovo incarico come presidente del Teatro Sociale di Como-AsLiCo. Sempre disponibile e profondamente appassionato del suo lavoro Meyer commenta: "Losanna non è così lontana da Como".
Presidente, perché ha accettato questo incarico?
"Per amicizia. Da 30 anni collaboro con la Commissione del Concorso Internazionale AsLiCo per giovani cantanti lirici che ho presieduto 11 volte. Ho sempre lavorato bene sia con Barbara Minghetti (direttrice artistica ndr) che con Giovanni Vegeto (direttore generale ndr). Ammiro la loro capacità di aprirsi alla cittadinanza, la loro sensibilità ecologica, l’attenzione verso i bambini. È bello lavorare con persone che condividono i tuoi stessi valori".
Qual è la prima cosa che ha notato del Teatro Sociale?
"L’acustica realistica. Ho iniziato a seguire il Concorso quando ancora si svolgeva a Milano; a Como noi giurati abbiamo avuto maggiore opportunità di stare insieme. Inoltre, durante questi anni di collaborazione con AsLiCo, ho conosciuto i direttori del circuito dei teatri d’opera lombardi che comprende le città di Bergamo, Brescia, Pavia, Cremona oltre Como. Sarà un piacere lavorare con tutti loro".
Ha deciso in quale città vivrà?
"Starò un po’ a Losanna ma mantengo la casa a Milano, voglio seguire alcuni spettacoli che ho progettato da Sovrintendente della Scala. “Il nome della rosa” di Filidei, regia di Michieletto, in scena al Piermarini fino a sabato, è uno di questi. Mi era già capitato di produrre opere nuove, è sempre una soddisfazione ma quest’ultima mi ha particolarmente affascinato. Alla Scala ho portato opere mai rappresentate come “La Calisto” di Cavalli: dal barocco al contemporaneo. Cerco sempre una visione da condividere col pubblico; voglio che lo spettatore uscendo non dica la solita frase, “È stato interessante”, ma sia felice. Con “Il nome della rosa” accade, lo si capisce dagli applausi a fine spettacolo".
C’è un luogo a Como che ama particolarmente?
"La stazione San Giovanni. Nel 1981 ho avuto la mia prima collaborazione scaligera, per “Lohengrin” di Wagner, diretto da Abbado con la regia di Strehler. Ricordo che non avevo molti soldi per dormire a Milano, decisi di prendere una camera in un piccolo albergo proprio vicino la stazione, oggi sarebbe impossibile. La mia prima immagine di Como? I giardini, la scalinata della stazione sotto la neve".
La sua vita è stata scandita da grandi città e grandi teatri. Cosa ha ricevuto da ognuno?
"Da Parigi ho ricevuto la cultura, il gusto non solo per la musica ma per l’arte. Non provengo da una famiglia che praticava la musica ma quando ci siamo trasferiti a Parigi io e mio fratello abbiamo deciso che avremmo visto e ascoltato tutto ciò che la città offriva. Losanna mi ha dato il primo incarico importante, di responsabilità. Prima di accettarlo, nel 1994, mi sono chiesto davanti allo specchio: “Credi essere capace?”. Nel 2010 mi ha chiamato il Théâtre des Champs-Élysées, lì ho incontrato i più grandi direttori d’orchestra e una nuova strada. Vienna è stata un’esplosione di novità, un teatro di repertorio, ho messo in scena tutto Wagner e Richard Strauss. Ho conosciuto molti cantanti, aiutato giovani artisti. Milano mi ha dato l’opportunità di lavorare con una grande squadra, in questi anni abbiamo riformato la Scala; insieme abbiamo lavorato al meraviglioso repertorio italiano".
È nato in Alsazia.
"Mia madre parlava francese, il nonno un dialetto simile al tedesco. Questo mi ha reso europeo, consapevole che solo la musica è una lingua senza confini".
Cosa si aspetta dal Teatro Sociale di Como?
"Sono contento di poter dare una mano, come dicevo condivido le loro idee sul teatro musicale. Lavorerò con loro per portare la musica classica, gli spettacoli nei luoghi più periferici, l’opera deve essere accessibile a tutti. Sono per la semplicità: una bella storia è recepita da chiunque come la musica".
Il Calcio Como è ormai un brand conosciuto nel mondo. Si potrà fare altrettanto col Sociale?
"Lo è già, il lavoro didattico che svolgono nelle scuole è coraggioso e unico, preso da modello in tanti Paesi. Gli spettacoli di Opera Domani girano in tutta Europa e non solo".