L’obiettivo è superare la logica e le modalità dell’uscita di gruppo al seguito di uno o più volontari che, di volta in volta, si prestano a fare da accompagnatori. Detto altrimenti: andare oltre un modello del tutto simile a quello delle gite scolastiche. La Fondazione CondiVivere e la Cooperativa “Sì, si può fare“ puntano, piuttosto, a trovare volontari che abbiano voglia e desiderio di costruire con i ragazzi con disabilità cognitive una socialità il più possibile autentica e ordinaria, una socialità basata sulla comunanza degli interessi, sull’affinità dei gusti, sulla condivisione di una stessa passione, esattamente come avviene ogni volta che due o più persone decidono di trascorrere del tempo insieme. Un obiettivo ambizioso, più di quanto possa sembrare, persino in una città come Milano, nota per un’accentuata propensione al volontariato.
La missione è partita ieri pomeriggio al Nuovo Armenia di via Livigno: qui la Fondazione, costituita già nel 2011 da un gruppo di famiglie, e la Cooperativa, che ne mette in atto i progetti e le attività, hanno incontrato gli aspiranti volontari cercando di trasmettere loro la filosofia nella quale credono, quella appena descritta, quella improntata all’emancipazione e all’autonomia della persona con disabilità, quella lasciata in eredità da Nicola Cuomo, docente di Pedagogia Speciale all’Università di Bologna e ricercatore nel campo dello sviluppo e del potenziamento delle “originali intelligenze“, venuto a mancare nel 2016. Maria Teresa Bellini, tra le fondatrici della Fondazione CondiVivere spiega bene l’obiettivo: "Noi non vogliamo creare il classico gruppone di ragazzi con disabilità che va a mangiare la pizza o a vedere un film al cinema insieme ai volontari.
Il nostroproposito non è tanto quello delle uscite programmate da gruppo chiuso. Desideriamo, invece, che volontari e ragazzi mettano in comune i propri interessi e finiscano, così, per scegliere di condividere il proprio tempo. Che vadano insieme a vedere un musical perché piace a entrambi. O anche solo a bere qualcosa insieme perché quella sera ne hanno voglia". "L’anello debole del sistema di volontariato – sottolinea Bellini – è rappresentato da questo tipo di socialità". La ricerca, quindi, è ad ampio raggio: porte aperte a chiunque abbia voglia di mettere in comune, oltre al suo tempo, una sua passione – bricolage compreso – o una sua professionalità. Sempre in un’ottica di scambio: "Noi crediamo che la persona con disabilità debba poter scegliere, senza trovarsi in ambienti protetti, chiusi, e con altri che decidano per lui – spiega Alberto Aldeghi, educatore e presidente della Cooperativa “Sì, si può fare“ agli aspiranti volontari –. Questo approccio crea uno scambio, un apprendimento reciproco. È capitato di sorprendersi a riuscire a fare cose che non si era immaginato di fare". Il presupposto irrinunciabile resta quello di rapportarsi con autenticità e onestà.
Nel dettaglio, la Fondazione CondiVivere e la Cooperativa “Sì, si può fare“ attualmente gestiscono un negozio di alimentari a Dergano – “Il Bottegaio NoStrano“, in via Tartini –, nel quale i ragazzi con disabilità cognitiva lavorano e ricevono la formazione necessaria per cercare e trovare occupazione altrove. Un negozio che rende realtà e favorisce l’inserimento lavorativo di questi ragazzi. Ma non solo, sempre a Dergano, la Fondazione e la Cooperativa gestiscono tre appartamenti dove i ragazzi possono sperimentare l’autonomia abitativa, imparare via via a gestire la quotidianità. Ad oggi sono 19 le persone con disabilità seguite da questa realtà e dieci gli educatori. Ora è il momento di creare un team di volontari che, come detto, vogliano mettersi in gioco per intero, con tutta la loro umanità.
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