REDAZIONE MILANO

La Nobel per l’antiCovid: "La scienza deve spiegarsi"

Al Besta la lezione di Katalin Karikó, premiata nel 2023 per i vaccini a mRna "Noi chiusi in laboratorio, la gente informata sui social: così è nata la sfiducia".

Karikó col direttore scientifico Lauria (a sinistra) e il neurologo Roberto Eleopra

Karikó col direttore scientifico Lauria (a sinistra) e il neurologo Roberto Eleopra

"Ecco come siamo arrivati a questo: noi scienziati non abbiamo spiegato all’opinione pubblica cosa stiamo facendo con un linguaggio semplice", dice prima di ridirlo a una platea di studenti e giovani ricercatori all’Istituto neurologico Besta Katalin Karikó, premio Nobel per la Medicina 2023 con l’immunologo Drew Weissman per le scoperte sull’Rna messaggero - mRna - che hanno portato ai vaccini contro il Covid-19. La biochimica ungherese, settant’anni appena raccontati in una biografia che s’intitola “Nonostante tutto. La mia vita nella scienza”, "ha contribuito in maniera determinante a salvare il mondo", sintetizza il direttore scientifico del Besta Giuseppe Lauria Pinter.

Eppure un bel pezzo di mondo s’è rivoltato contro quei vaccini in particolare e la scienza in generale, innescato da paure irrazionali e bufale spesso pilotate che sembrano aver funzionato soprattutto negli Usa, il Paese d’adozione di Karikó, arrivata da studentessa straniera quarant’anni fa per trovarsi, oggi, con un ministro della Salute che ascolta più i no vax degli scienziati e un presidente che ha decretato l’uscita dall’Oms e il bando degli studenti stranieri da Harvard.

A chi le chiede cosa ne pensi la premio Nobel non risponde direttamente; forse perché questa è l’aria che tira, più probabilmente perché è una scienziata, abituata a parlare "di quello che conosco" e a concentrarsi su "quello che possiamo fare. Vi posso dire come siamo arrivati a questa situazione. Durante la pandemia noi scienziati eravamo impegnati in laboratorio e si è creato un gap: la gente" che doveva iniettarsi i vaccini a mRna "si è informata attraverso i social media. E lì fanno i soldi in base a quanto tempo passi su una pagina: se genera paura, odio, ci passi più tempo. Se leggi che i broccoli ti fanno bene non tanto, se ti dicono che sono tossici" resti lì "perché dici: “Ehi, io li mangio!”. Moltissimi erano genuinamente interessati ed eravamo noi a dover rispondere". Ed "è ora di farlo, lavorando insieme. Domani a cinquemila colleghi dirò che dobbiamo imparare ad esprimerci in maniera semplice e a spiegare in tre-cinque minuti quello che stiamo facendo e perché è importante".

Comincia lei, da quell’Rna messaggero che "non abbiamo inventato noi scienziati, l’ha inventato la natura ed è stato scoperto 64 anni fa. Ci sono voluti anni poi per trovarlo ma sapevano che esistesse perché il Dna era nel nucleo e le proteine venivano fatte da un’altra parte. L’mRna non è la medicina, ma può dare istruzioni al corpo su come fare la medicina. Possiamo sviluppare terapie meno costose e accessibili a più persone", aggiunge spiegando che la ricerca oggi spazia con circa 150 trial: "Metà su malattie infettive, non solo virali ma anche batteriche come la tubercolosi. Circa il 30% degli studi sono correlati al cancro", e non si tratta solo di vaccini; ci sono filoni promettenti anche su alcune malattie autoimmuni o rare.

Ai giovani scienziati la Nobel manda un messaggio di speranza: i cervelli "possono tornare, alcuni Paesi europei stanno aprendo loro le braccia, o andare in Cina. Nell’85, quando lasciai il mio Paese per gli Usa, il grande vantaggio era poter assistere a ottime lezioni ma oggi quelle informazioni sono accessibili ovunque. Non c’è più bisogno di andare ad Harvard per accedere alla conoscenza e andare avanti".