La moschea di via Luini non si farà. Il Tar mette fine a 7 anni di battaglia

Sesto San Giovanni, i giudici amministrativi chiudono definitivamente la strada all’edificio di culto. Estinto il ricorso contro il provvedimento del Comune che considera decaduto il permesso a costruire. .

La moschea di via Luini non si farà. Il Tar mette fine a 7 anni di battaglia

La moschea di via Luini non si farà. Il Tar mette fine a 7 anni di battaglia

Dopo una battaglia politica e giudiziaria durata quasi 7 anni, la moschea di via Luini è ancora più lontana, se non addirittura svanita. Anzi, dopo l’ultima notifica del tribunale amministrativo della Lombardia, per il Comune di Sesto San Giovanni è stata messa definitivamente la parola fine sulla costruzione di un edificio di culto, che affonda le sue radici ancora nella Giunta Oldrini. Alla comunità islamica era stata data un’ultima chance: il termine al 29 aprile 2018 per iniziare i lavori. Il cantiere, però, non è mai stato riaperto, nessun progetto depositato agli uffici, gli oneri residui non ancora versati nelle casse pubbliche. Così il Tar, dopo cinque anni di pendenza di lite inattiva, ha dichiarato "perento", cioè estinto, il ricorso contro il provvedimento del Comune di decadenza del permesso a costruire. "La grande moschea del Nord Milano non s’ha da fare e adesso è proprio finita - commenta l’avvocato Antonio Lamiranda, assessore all’Urbanistica -. Con il diniego della sospensiva e il termine perentorio per avviare le opere, per il centro islamico è stato un effetto domino. Ora la legge sul punto è chiara: decadenza automatica del permesso di costruire in assenza di inizio lavori. La moschea è, a oggi, definitamente cancellata". L’edificio, capace di ospitare fino a 600 fedeli, doveva sorgere su di un’area di 2.500 metri quadri circa. Oltre al luogo di preghiera, era previsto un minareto, la casa dell’Imam, una biblioteca, un ristorante, un giardino pensile e un parcheggio sotterraneo per un progetto che superava già quasi 15 anni fa i 3 milioni di euro, tutti a carico della comunità musulmana. Se il permesso a costruire decade, c’è però ancora il diritto di superficie.

"Da avvocato dico che anche quello non è più valido, perché era in funzione di un edificio che non è stato costruito. Non è stato coltivato, non sono stati versati gli oneri, anche la convenzione è nulla". E se la comunità islamica, che ha bonificato a sue spese un terreno pubblico, dovesse chiedere un nuovo permesso a costruire "quel progetto sarebbe inammissibile per il nuovo Pgt. Lì può essere realizzato solo un centro culturale, come quello già esistente, che poi però andrà messo a bando".

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