"La mia voce in ateneo: per noi un luogo sacro"

"La mia voce in ateneo:  per noi un   luogo sacro"

"La mia voce in ateneo: per noi un luogo sacro"

"Apprezziamo ciò che abbiamo solo quando lo perdiamo oppure quando entriamo in sintonia con chi ne è privo ed è disposto a dare la propria vita per essere al nostro posto. Da 15 anni, da quando vivo in Italia, questa consapevolezza mi addolora e dallo scorso settembre questo senso di colpa è diventato più intenso e lacerante". Comincia così Rayhane Tabrizi, classe 1979, attivista iraniana introdotta dal regista Ruggero Gabbai che, folgorato dalla prima manifestazione delle donne iraniane a Milano, ha iniziato con loro un percorso per dare loro voce in un film documentario "che avrà il suo epilogo quando viaggeremo fino a Teheran per vedere una città liberata dal governo sanguinario della Repubblica Islamica", dice commosso. "Oggi ho l’onore di essere la portavoce dell’Iran qui, nell’università che non è un mero “esamificio” e produttore di certificati di laurea - dice con forza Rayhane -. Per noi è un posto sacro, specialmente per una donna iraniana che dal primo giorno di scuola viene fortemente oppressa, discriminata e limitata".

"Per tradizione in Iran, dopo il taglio del cordone ombelicale dei neonati, i genitori lo seppellivano nel luogo in cui desideravano i loro figli andassero da adulti: questo luogo per la maggior parte delle famiglie era il giardino di un’università", racconta ancora, ricordando che "l’istruzione è lo strumento principale di emancipazione dei gruppi sociali, etnici, religiosi, di genere più deboli". "Donna vita libertà", dice con forza da via Festa del Perdono, salutando anche i 516 studenti iraniani che oggi studiano alla Statale.Si.Ba.

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