DIANDREA GIANNI
Cronaca

"La mia battaglia, giustizia dopo 16 anni"

L’ex sindaco Albertini presentò l’esposto per danno erariale sul caso Serravalle: tempi biblici e inerzia dei pm, ma avevamo ragione

di Andrea Gianni

"Esiste un giudice a Roma, non solo a Berlino. Dopo 16 anni mi hanno dato ragione, anche se ormai sulla vicenda è caduto il silenzio". Gabriele Albertini torna con la memoria al 2005 quando, da sindaco di Milano, iniziò una battaglia, prima politica e poi legale, contro l’operazione che portò la Provincia di Milano all’epoca presieduta da Filippo Penati ad acquisire il pacchetto di controllo assoluto della Milano Serravalle, la società che gestisce le tangenziali milanesi, comprandone a caro prezzo il 15% dal costruttore Marcellino Gavio. Respingendo i ricorsi, la Cassazione lo scorso dicembre ha reso definitive le maxi-sanzioni per un totale di circa 44 milioni di euro inflitte dalla Corte dei Conti a Penati (morto nel 2019) e 11 suoi ex collaboratori. Sentenza che certifica il danno erariale provocato dall’acquisto di azioni a un prezzo sopravvalutato da parte di Palazzo Isimbardi. A innescare il procedimento fu un esposto di Albertini, che è tornato sul caso anche nel recente libro “Rivoglio la mia Milano“ scritto con Sergio Rotondo.

Gabriele Albertini, la sentenza mette la parola fine a una vicenda giudiziaria intricata.

"Da sindaco presentai tre ricorsi. Il primo, sulla violazione del patto di sindacato da parte della Provincia (l’operazione deprezzò il 18,6 % di azioni Serravalle detenute dal Comune, ndr), si concluse con la condanna della Provincia a risarcire 400mila euro al Comune. Il secondo, alla Corte dei Conti, si è concluso con la condanna e il riconoscimento del danno erariale, ma ci sono voluti 16 anni. Il terzo ricorso, alla Procura, è una ferita ancora aperta".

Si riferisce all’archiviazione “fantasma“ e allo scontro con l’allora pm Alfredo Robledo?

"Sono ancora incredulo. Il procedimento è rimasto per sette anni nel limbo, senza archiviazione e senza rinvio a giudizio. Quando il pm Walter Mapelli, indagando sul “Sistema Sesto“ (il processo si concluse con l’assoluzione di Penati, ndr), riesumò la questione Serravalle dovette dichiarare la prescrizione, perché ormai gli ipotetici reati erano prescritti".

Quando si accorse che l’operazione Serravalle avrebbe comportato un danno erariale?

"Un giorno ci siamo trovati di fronte, all’improvviso, a un’operazione che di fatto ci ha esautorati. Ci siamo accorti subito che la Provincia stava comprando quelle azioni a un prezzo esorbitante, consentendo a Gavio di guadagnare 179 milioni di euro lordi. Prima di presentare gli esposti mi sono consultato anche con magistrati come Di Pietro, Borrelli e D’Ambrosio. Ricordo che Di Pietro parlò di “ingegnerizzazione della corruzione“ e mi suggerì di fare ricorso. D’Ambrosio affermò: “Se quello che dice corrisponde alla realtà ha tutti gli argomenti per fare denuncia“. I giudici, ora, mi hanno dato ragione, anche se questa sentenza è caduta nel silenzio. Penati purtroppo è deceduto, ma i suoi ex assessori sono ancora vivi. Non è elegante gioire per i guai giudiziari degli altri ma a pagare saranno le assicurazioni".

Una vicenda che, ancora una volta, fa emergere i tempi lunghi della giustizia.

"Una storia di lentezza record, e inerzia del pm che intraprese indagini per 7 anni senza chiedere il rinvio a giudizio nè l’archiviazione. Nonostante i miei esposti non venne censurato per questo, ma io ho dovuto affrontare un processo per calunnia aggravata da cui uscii assolto con formula piena".