La mano tesa di Gianmario: "Lo stipendio fisso non basta più. Da noi tanti dipendenti pubblici"

Dalla casa all’asta all’impegno per gli indebitati: c’è ancora lo stigma della società

La mano tesa di Gianmario: "Lo stipendio fisso non basta più. Da noi tanti dipendenti pubblici"

Gianmario Bertollo ha fondato l’organizzazione Legge3.it

Gianmario Bertollo, fondatore dell’organizzazione Legge3.it, ha vissuto sulla sua pelle il dramma del sovraindebitamento. All’epoca lavorava come consulente finanziario per un grosso istituto di credito, ed è caduto nella spirale dei debiti per pagare le cure mediche del figlio, affetto da una malattia rara, fino a dover vendere la casa all’asta. "Ho vissuto l’esperienza di tante persone sovraindebitate – racconta – lo stigma della società, il senso di fallimento che spesso può portare alle conseguenze più estreme. La metà dei suicidi ha, tra le cause, problemi economici". Ora aiuta le persone a liberarsi dai debiti grazie alla legge 3 del 2012, la cosiddetta “salva suicidi“, varata anche in seguito a un’esplosione dei casi di persone che si sono tolte la vita a causa di problemi economici.

Come legge gli ultimi dati sul sovraindebitamento?

"A livello nazionale il problema riguarda 8 milioni di persone, tra consumatori e piccoli imprenditori, e dalla pandemia la situazione è peggiorata in territori come la Lombardia, considerando anche gli strascichi della crisi del 2008. Questi problemi sono dovuti anche alla facilità con cui vengono concessi finanziamenti. Per le società finanziarie l’importante è far firmare contratti, senza un controllo sull’effettiva capacità di far fronte alle rate: il fatto che una persona non riesca più a pagare, con i tassi d’interesse applicati attualmente, è considerato un rischio accettabile. Solo che dietro ci sono famiglie che finiscono nel baratro. Manca totalmente, inoltre, un’educazione finanziaria di base".

Qual è l’identikit del sovraindebitato che si rivolge a voi?

"Stiamo seguendo tantissimi dipendenti pubblici, con uno stipendio fisso. Poliziotti, carabinieri, insegnanti, infermieri. I motivi per cui uno si indebita sono svariati, ma lo schema è sempre lo stesso. Si va dai problemi sanitari alla piaga del gioco d’azzardo, da investimenti sbagliati a finanziamenti contratti per saldare le rate di altri prestiti. Le crisi più gravi, con il rischio di cadere nell’usura, vengono innescate dalla perdita del lavoro o da una separazione".

Quante persone avete seguito?

"Finora abbiamo accompagnato nei Tribunali 270 famiglie, con un totale di 118 milioni di euro di debiti sulle spalle. Abbiamo ottenuto, per loro, piani di rientro che hanno ridotto le somme da pagare. Restano altre 1700 persone, a cui stiamo offrendo assistenza".

La legge “salva suicidi“ è efficace?

"Per come è stata pensata inizialmente è una buona legge, solo che nell’applicazione concreta ci sono storture che andrebbero sanate. Gli organismi per la composizione delle crisi si rivelano un collo di bottiglia: i tempi sono troppo lunghi, quando invece le situazioni di sovraindebitamento richiedono azioni rapide ed efficaci nell’immediato. L’Italia, in questo, è ancora lontanissima dall’Europa. Ma c’è anche un problema culturale da superare".

Quale?

"Sulla persona che si indebita grava ancora lo stigma della società, si tende a scaricare la colpa su chi invece è vittima di un sistema, a considerarlo un “furbo“ o una persona che cerca escamotage per non pagare. C’è la vergogna del fallimento e, d’altra parte, spesso i giudici non hanno la sensibilità per riuscire a valutare certe situazioni. Ridurre il debito è un beneficio per tutta la società, non è un favore che viene fatto al singolo".

Andrea Gianni