REDAZIONE MILANO

La donna che non aveva taciuto Fatta uccidere e bruciare dal suo ex perché raccontò la ’ndrangheta

Nel 2009 l’omicidio della testimone di giustizia rapita ed eliminata a 36 anni. Pagò con la vita la ribellione alla cosche ma così riuscì a salvare sua figlia Denise.

La donna che non aveva taciuto Fatta uccidere e bruciare dal suo ex perché raccontò la ’ndrangheta

Una morte voluta e senza pietà. Secondo i giudici, il suo ex compagno Carlo Cosco, che la fece ammazzare e bruciare, voleva "cancellarla dalla faccia della terra, non solo uccidendola, ma anche disperdendone ogni traccia materiale". Lea Garofalo, 36 anni quando venne uccisa, aveva compiuto un gesto a suo modo imperdonabile, raccontando agli inquirenti gli anni trascorsi insieme a Carlo nell’appartamento di via Montello 6.

La giovane coppia, con una bambina piccola, era emigrata dalla Calabria per sottrarsi alle faide familiari (il padre di Lea ucciso, il fratello Floriano a capo di una cosca). Ma una volta arrivata al nord, la donna si era accorta che nulla sarebbe cambiato. "Era scappata dalla Calabria per cercare un’alternativa e si è ritrovata nello stesso contesto", scrissero i giudici nella sentenza di primo grado. Lea però scegli di parlare con gli inquirenti del traffico di stupefacenti che avveniva in via Montello 6 e racconta che lo spaccio era gestitoproprio da Carlo e Giuseppe, un fratello di lui che però verrà assolto dall’accusa di averla uccisa. Stando al racconto della donna, tre omicidi avvenuti a fine anni ’90 nella zona Montello-Baiamonti sarebbero stati direttamente collegati al controllo dello spaccio. Per l’ultimo, quello di un boss della zona, delitto rimasto impunito, Lea, parlando con gli inquirenti, chiamò in causa il suo ex compagno e il fratello di lui. Fu quest’accusa, probabilmente, a costarle la vita.

La giovane non ce la fece ad uscire viva da quel giro, ma il suo esempio salvò la persona cui teneva più che ad ogni altra al mondo: sua figlia Denise. Vissuta anche lei, piccolissima, in via Montello 6, trovò però il coraggio - nemmeno ventenne - di non tacere, inchiodando il padre Carlo alle sue responsabilità per la morte della madre.

Secondo i giudici d’appello, Cosco non uccise Lea preso da un raptus, come pure aveva confessato nell’aula di quel processo. Quella sera era altrove, non si sporcò le mani e nemmeno il vestito. Il vestito, ecco: prima e dopo l’omicidio il suo abito era lo stesso, senza una macchia. E non avrebbe potuto se davvero Carlo avesse ucciso la donna a pugni e sbattendole la testa sul pavimento in un lago di sangue. Cosco mentì - secondo i giudici - nel tentativo impossibile di limitare la sua responsabilità di mandante di un omicidio premeditato da anni. Ma non fu del tutto credibile neppure il racconto del pentito Carmine Venturino, 25 anni, il più giovane dei condannati all’ergastolo in primo grado, che poi aiutò gli inquirenti a ritrovare nel tombino di un capannone gli ultimi resti di Lea, il cui cadavere venne fatto bruciare per due giorni.

Il sospetto della Corte fu che la scelta del ragazzo potesse "essere figlia di accordi interni all’intero gruppo di imputati per salvare il salvabile". Venturino infatti coinvolse nell’omicidio - oltre a Cosco e a se stesso - soltanto il fratello di Carlo, Vito. Così al pentito i giudici inflissero comunque 25 anni e confermarono il carcere a vita per gli altri complici Massimo Sabatino e Rosario Curcio. E finirono per dover ammettere di non aver capito con certezza come davvero Lea fosse stata uccisa ("di fatto le modalità di esecuzione dell’omicidio restano sconosciute e neppure quelle di distruzione del cadavere possono dirsi certe").

Su tutto il resto però, le prove individuate erano solide. "L’asserita indifferenza di Carlo Cosco verso le scelte di vita di Lea - conclusero - è, oltre che surreale, smentita dalle plurime risultanze probatorie. L’imputato appartiene a una sottocultura che non è incline a tollerare lo svilimento della figura maschile e del suo ruolo primario all’interno della coppia da parte di una donna".

Mario Consani

Nicola Palma