La distruttività nella guerra e nella cronaca

Maria Rita

Parsi*

Proprio e ancora oggi è necessario riflettere, in modo scientifico, culturale, umanistico, sul perché "troppo spesso il governo delle famiglie e delle Nazioni è in mano a chi rappresenta la parte peggiore o malata di noi". Ho approfondito le ragioni di questo “perché?” pubblicando, già nel 2019, un libro dal titolo “Manifesto contro il potere distruttivo” che si ispirava all’opera insigne di Erich Fromm “Anatomia della distruttività umana” che elencava le difese psicologiche adottate dagli esseri umani per difendersi dall’angoscia di morte. Difese che, nel caso del narcisistico potere distruttivo, agiscono in modo speculare. Sia all’interno della famiglia, sia nel contesto sociale. Un chiaro esempio può essere tratto non soltanto dalla ricattatoria minaccia di una possibile terza guerra mondiale ma anche da alcuni sconvolgenti fatti di cronaca. L’ultimo è il feroce maltrattamento ricevuto in famiglia da una ragazza, per 18 anni. E, una volta raggiunta la maggiore età, per ben altri tre. Questa ragazza, oggi ventunenne, è stata maltrattata, picchiata, umiliata, asservita dalla madre perché portava il nome della suocera odiata. La madre aveva avuto otto figli e nessuno di questi era stato maltrattato. Nessuno, in primis il padre!, pare la avesse mai difesa. Nostante sin da bambina si fosse più volte recata a scuola con segni di maltrattamento, nessun intervento, nessun provvedimento, nessuna indagine o denuncia. Dai diciotto anni in poi, la ragazza non era più uscita di casa. Era stata rinchiusa in una stanza della sua casa, al buio, in catene, alimentata poco e male con i resti della cena, costretta a fare i bisogni in un secchio. Tre anni di atroci, inaccettabili violenze alle quali la denuncia di una sua sorella ha posto fine. Ora la madre dovrà rispondere dei 21 anni di tormenti che le ha inflitto. Ma analoga sorte dovrebbe toccare al padre come corresponsabile e provvedimenti terapeuticamente seri e severi dovrebbero essere presi nei confronti dei fratelli e delle sorelle. E, ancora, all’indifferenza, alla mancanza di attenzione, all’incuria di chi, a scuola e nel sociale, non si è mai interessato. Il disperato iter dell’esistenza di questa ragazza è metafora di quel che l’umanità mette da sempre in atto, per odio, indifferenza, follia dittatoriale, bisogno di vendetta.

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