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La comunità rom: "Inaccettabile chiudere il campo"

"Una decisione inaccettabile". Così la comunità del campo rom di via Chiesa Rossa definisce la scelta del Comune di chiudere...

"Una decisione inaccettabile". Così la comunità del campo rom di via Chiesa Rossa definisce la scelta del Comune di chiudere per sempre questo villaggio della periferia sud. A fianco dei capifamiglia, le associazioni Upre Roma e Kethane Italia: insieme, in un comunicato spiegano che la chiusura "si tradurrebbe nella distruzione delle case di 240 persone, 80 famiglie e oltre 100 bambini che qui vivono da oltre 25 anni. La comunità respinge con fermezza questa ipotesi, ribadendo il diritto a rimanere nelle proprie case. Le problematiche tecniche addotte dal Comune, come la necessità di adeguare l’impianto elettrico e il sistema fognario, sono risolvibili con interventi di manutenzione ordinaria".

Ancora: "Il Villaggio delle Rose non è un “campo”. È una zona residenziale composta da case prefabbricate regolari e decorose. È abitato da cittadini italiani discendenti dei rom internati nei campi di concentramento durante il fascismo e di partigiani, come il celebre Tzigari della brigata Osoppo. È qui che sorge il primo monumento al Porrajmos, il genocidio di rom e sinti, luogo di commemorazione ogni 27 gennaio".

Le richieste: "Riconoscere il villaggio come zona residenziale regolare; concedere il terreno alle famiglie attraverso un affitto sostenibile; creare una cooperativa degli abitanti per la gestione autonoma del villaggio; adottare esperienze come le microaree residenziali, inserite nel tessuto urbano e sostenibili".

Le associazioni e gli abitanti hanno proposto al Comune di aprire un tavolo interassessorile.