
Giovanna
Ferrante*
inglese Thomas Coryat - attendant alla corte del Principe Enrico Stuart, figlio di Re Giacomo I° - nel 1608 sarà il primo viaggiatore a piedi ad affrontare un lungo tour in tutta Europa. A Milano il suo entusiasmo è riservato al Duomo. Scriverà: “Il Duomo, che fu fatto costruire da Gian Galeazzo Visconti Duca di Milano nel 1386, è dedicato alla Madonna. È una cattedrale di supremo splendore e bellezza. Nel corpo dell’edificio ci sono 4 file di colonne di marmo bianco che lo abbelliscono grandemente, e ogni fila è composta da 6 pilastri. Ci sono grandi altari e soprattutto la meraviglia dell’Altare Maggiore. Salii in cima al Duomo e contemplai la città tutta attorno, e la pianura, e tutto il
territorio lombardo, che offrivano una bellissima e piacevolissima vista (...) Prima della posa della prima pietra in quel 1386, al posto del Duomo vi erano due chiese: Santa Maria Maggiore, la chiesa invernale e Santa Tecla, la basilica estiva più grande. Abbattute le due chiese antiche e le case arcivescovili, si avvia la realizzazione dell’enorme progetto, espressione religiosa ma anche monumento della città. A coordinare i lavori il Duca Gian Galeazzo nominerà una commissione permanente denominata Veneranda Fabbrica del Duomo e sotto lo sguardo vigile del primo ingegnere generale Simone da Orsenigo, il gigante di marmo inizia a passare dai disegni sulle carte al lavoro nella pietra. Marmo di Candoglia del quale il Duca concede il prelievo gratuito, com’è gratuito il trasporto lungo il Naviglio: in un primo tempo l’arrivo dei barconi era previsto al bacino di Sant’Eustorgio, poi il percorso verrà prolungato sino all’attuale via Laghetto. Incisa nel marmo la sigla di esenzione dal dazio: Ad Usum Fabricae, AUF (che diventerà battuta meneghina per significare a gratis). Papa Bonifacio IX benedice uno speciale Giubileo per la raccolta fondi fra i fedeli, i quali rispondono con generosità per sostenere questa grandiosa impresa religiosa, edilizia e finanziaria, che vede naturalmente anche l’impegno del Duca Visconti e dell’Arcivescovado. Persino le prostitute offrono un obolo collettivo; e la più ricca di tutte loro “Donnola dicta La Raffalda” dona la cifra raddoppiata, come si legge a perenne memoria nei registri della Veneranda.
*Centro Studi Grande Milano