REDAZIONE MILANO

La banca della Camorra ai tavolini di un bar

“Gli affari” sulla strada a pochi passi dalla zona altoborghese di piazza Risorgimento, così venivano concessi i prestiti a tassi di usura.

Le immagini della "banca della Camorra" fanno ancora scalpore. Trattative per strada, su una panchina, ai tavolini di un bar, alla luce del sole, nella zona alto borghese di piazza Risorgimento. Così venivano concessi prestiti a imprenditori, commercianti e professionisti vari, con un particolare non da poco conto: i tassi erano da usura. E giravano milioni di euro. Funzionava così, come è emerso nel 2015 durante l’inchiesta della Squadra Mobile, l’istituto di credito "alternativo" capeggiato dai camorristi Vincenzo Guida e Alberto Fiorentino. Due pezzi da novanta nell’ambiente della criminalità organizzata, Guida, in affari con Barbara Sabadini, era tra i rappresentanti – come è scritto su verdetti passati in giudicato – dagli anni Ottanta e fino al 1996, dell’associazione a delinquere denominata "Nuova famiglia", articolazione lombarda della camorra, in contatto a Milano con esponenti storici di Cosa Nostra e della ‘ndrangheta. Nella loro "banca particolare" e non certo lecita, a chi era in difficoltà economiche venivano concessi prestiti a un interesse del 40%. E la gente poi si trovava poi a dover restituire fino a 75mila euro al mese.

Chi non pagava, veniva minacciato di morte, come era allora affiorato dalle intercettazioni. Il denaro accumulato? Veniva prima trasferito su conti di società estere e poi fatto rientrare a Milano per essere infine reinvestito in attività criminali. A settembre del 2016 Guida è stato condannato a 12 anni e 3 mesi e a 8mila euro di multa. L’arresto risale invece a novembre del 2015, per esercizio abusivo del credito aggravato dal "metodo mafioso" e per l’impiego di denaro di provenienza illecita (qualche mese dopo, una nuova ordinanza lo accusava di usura ed estorsione). L’operazione, tra novembre e dicembre del 2015, aveva portato al sequestro di denaro e preziosi per oltre un milione e mezzo di euro. Dietro le sbarre è finito anche il complice Alberto Fiorentino. Il nome di Guida, che ora ha 67 anni è tornato sulle pagine di cronaca la scorsa primavera, perché tra i detenuti a cui erano stati concessi i domiciliari (il 2 aprile) "per contenere la diffusione del virus Covid-19". Era stato, insomma, tra coloro che avevano beneficiato della discussa misura "svuota carceri" messa in atto durante la pandemia. Martedì 26 maggio, dopo la revoca della misura, è tornato dietro le sbarre, nella Casa circondariale di Torino.

Marianna Vazzana