
Zibba
Milano, 19 luglio 2014 - "Milano per me è la città del ‘Liberi tutti’: c’è poco pregiudizio e la gente qui diventa cittadina del mondo". Lo racconta il musicista Sergio Vallarino in arte Zibba, leader della band Almalibre.
Ci vuole raccontare una storia di liberazione?
Sì, la mia che si incrocia con Milano. La prima volta che sento parlare di questa città è quando avevo 13 anni a Varazze, da cui provengo. I miei amici di spiaggia mi raccontavano di Milano come città del divertimento e io sognavo di venirci. Poi a 16 anni scoppia la mia passione per la musica. Ero l’unico della mia classe che suonava. Alternavo la tinta dei miei capelli da arancione a verde. Era facile distinguersi in una realtà di provincia, in cui hai pochi rivali. Guardi la tv, leggi i giornali e sogni di essere Mike Jagger.
Le mancava però il confronto diretto. E’ venuto a Milano per mettersi alla prova?
Sì. Era la fine degli anni ’90. Trovai ospitalità presso alcuni amici al quartiere Corvetto e dopo qualche tempo un’etichetta musicale produsse il mio primo disco, uscito nel 2003 con gli Almalibre. Allora Milano mi spaventava. Trovavo la gente arrabbiata e aggressiva. E poi soffrivo d’asma e respiravo male.
Dunque è fuggito?
Sì, sono tornato in Liguria e ho aperto un pub a Savona. Era la meta di tanti artisti e in quel periodo ero una spugna: qualsiasi occasione era buona per parlare di musica, così ricevevo le 'dritte' per i miei progetti musicali. Ma dopo qualche anno ecco che Milano mi richiama.
Le avevano offerto un lavoro?
Un ruolo nel musical 'All’ombra dell’ultimo sole' dedicato a De Andrè. Interpretavo un anarchico, amico di Fabrizio, realmente esistito che si chiamava 'Gesù". In quel periodo Milano mi è sembrata diversa.
Forse era anche cambiato lei?
Sì, di sicuro. Ho capito che se credi in un progetto ci devi lavorare sopra, non ti puoi sedere. Vivere a Milano ti rafforza la spina dorsale, ti allena all’umiltà, al fare e rifare le cose. Quando sono qui scrivo molto, in media mi bastano due giorni per una canzone. E per il mio primo libro uscito l’anno scorso ho affittato una stanza in una paese nelle campagne tra Milano e Pavia per portarlo a termine. Ho raccontanto storie 'non sense' che ho incrociato in questa città, tra commedia e neorelismo tra Monicelli e Totò. Siamo ancora figli della guerra, ancorati a certi pregiudizi, a delle catene mentali. Ma Milano si è svecchiata soprattutto con l’apporto delle popolazioni straniere.
In cosa è cambiata?
Questa città non è gigantesca, ma propone percorsi di integrazione che sembrano funzionare. Basta andare in metropolitana: vedi il manager e l’extracomunitario che fanno lo stesso percorso. Ecco Milano, in generale è una città che offre percorsi. E poi qui adoro sedermi su una panchina e osservare la gente, fare il cosiddetto people watching.
Quando ha cominciato a prenderci gusto?
Vivendo dalle parti della Stazione Garibaldi, uno dei posti della città che preferisco. Ci ho abitato per un po’ di mesi. Qui arriva e parte di tutto, metro, passante, treni delle ferrovie dello stato. E’ un immenso centro di smistamento. Stando qui ho capito che a Milano vale tutto, non esiste giusto o sbagliato. I clochards per esempio non sono ai margini della società, ma ne fanno parte, non vengono respinti. Una volta ho visto un uomo alterato con una pistola che sparava in aria. E’ questa la città: un poligono dalle mille facce, che accosta la competenza alla follia, l’andamento produttivo a quello che tende a rovesciarlo.
Intanto lei è in tour, dopo la pubblicazione dell’album 'Senza pensare all’estate' (AlmaFactory/Artist First)?
Sì un tour lunghissimo con gli Almalibre. Poi mi preparo per un album di svolta che vedrà la luce l’anno prossimo. Sarà un disco dedicato alle persone e a mia nonna Silvia che era lombarda. E ora mi dedico anche a 'Mentre-Un film di tutti' un progetto cinematografico che realizzerò con i video che mi invierà chiunque vorrà farlo.
Una caratteristica degli approcci 'milanesi'?
Qui funziona a gruppi, se hai qualcuno che ti presenta hai le porte aperte. Forse è un modo che ha la città per filtrare, per difendersi, altrimenti si è travolti da troppa energia.
Un suo progetto milanese?
Avere la mia stanza a Milano. Sono stufo di vivere in alberghi.
di Massimiliano Chiavarone
mchiavarone@yahoo.it