
Rosita Celentano
Milano, 12 settembre 2014 - E "Anche io sono nata in via Gluck!". Lo racconta Rosita Celentano.
Sul serio? "Sì, ho visto la luce a casa di mia nonna, perché l’abitazione che i miei avevano scelto non era ancora pronta".
Giocava a piedi nudi per strada come nella canzone portata al successo da suo padre? "Calzavo le scarpe, forse qualche volta mi sarà capitato di toglierle. Ma nella via dove ci eravamo trasferiti. Sono cresciuta alla Maggiolina, in via Orio Vergani. Era un posto bellissimo, ideale per i bambini, perché pieno di verde, isolato, con uno scarso passaggio di auto tranne quelle dei residenti. Ricordo pomeriggi interminabili trascorsi a giocare a "campana", all’elastico, a nascondino e al gioco della bottiglia".
Quello che ha come pegno lo scambio di un bacio? "Sì, ma solo sulla guancia, anche se qualche ragazzino di tanto in tanto ci provava voltando di scatto la testa per prendersi il bacio sulle labbra. Quando non giocavamo, il nostro punto di incontro era una fontana dove ci sedevamo a chiacchierare, io con il mio gruppo, Giacomo e Rosalinda con un’altra comitiva perché erano più piccoli. Ma poi anche loro si sono uniti a noi. Mamma ci guardava sempre dalla finestra e all’ora di cena ci chiamava. Mi sembra di sentirla ancora che diceva: "Venite, è pronto, non fatemi urlare".
E Adriano? "Lui ogni giorno andava in via Zuretti per vedere i parenti. Ma quando avevo 14 anni abbiamo lasciato Milano per trasferirci ad Asiago, in Veneto. Dopo un po’ di anni un altro trasloco questa volta a Galbiate in provincia di Lecco. Il vero rapporto con questa città l’ho costruito ormai da adulta, a 24 anni".
Cosa ha scoperto una volta tornata a Milano? "E’ una città che amo profondamente. Ho cominciato a girarla in auto, quando c’erano meno divieti, per andare all’Università. Mi ero iscritta a Filosofia alla Cattolica, ma poi ho mollato. Non mi sentivo mai sicura nell’affrontare gli esami anche perché sui libri ero pigra. Intanto avevo scoperto la mia passione per il ballo. Ogni sera andavo con Rosalinda e un’amica alla discoteca Hollywood. In pista eravamo scatenate, ma il nostro era un divertimento sano che non passava mai attraverso l’uso di droghe e alcol. La musica produceva in noi quella frenesia da "febbre del sabato sera". All’uscita, alle prime luci dell’alba giravamo Milano e scoprivamo una città da sogno piena di vie strette, antiche, quasi da cartolina".
La via che le è rimasta nel cuore? "Più che una via, un quartiere pieno di piccole strade che per me sono linfa vitale. Amo Brera più di ogni altra zona. E qui ho deciso di viverci, anche perché penso che se si vuole "sentire "il polso di Milano bisogna abitare in centro. Brera sembra un piccolo paese, come ce n’erano ai tempi del Manzoni. Poi adoro piazza del Carmine con l’omonima chiesa, la cui facciata svetta sulla strada attraversata dalle rotaie del tram. E’ un quadro memorabile impresso nella mia memoria. Come le tante foto contenute nei libri dedicati a Milano che spesso regalavamo a mio padre. Il suo sogno, una volta mi ha detto, sarebbe quello di vedere i Navigli collegati a Venezia, così potremmo raggiungere la città lagunare direttamente via acqua, com’era una volta".
E sua madre, Claudia Mori, cos’ha di milanese? "La praticità innata e la capacità di pianificare. Io ho preso un po' da lei. Una volta, per fare un regalo a mio padre per il suo compleanno, ho organizzato una festa privata in un tram, usando un servizio disponibile per tutti. Era il mese di gennaio di circa 5 anni fa. Eravamo tutti noi e tanti amici. Girammo la città visitando i suoi punti più belli. Papà rimase in piedi. Ebbi l’impressione che stesse rivedendo il film della sua vita, come nella canzone "Se sapevo non crescevo" in cui diceva che girava la città in tram non sedendosi mai".
Quali sono gli altri motivi che le rendono Milano particolarmente cara? "L’amore dei milanesi per gli animali. Nei loro confronti i miei concittadini hanno sempre l’atteggiamento giusto fatto di rispetto e mai di pietismo. Anzi sto dando vita a un mio progetto dedicato agli amici a quattro zampe. Milano non è solo a misura d’uomo, ma anche di animali".
di Massimiliano Chiavarone mchiavarone@yahoo.it