Nemmeno il lockdown ha fermato il Pm10: nel 2020 più sforamenti dei due anni prima

Il rapporto di Arpa e Regione Lombardia: La carenza di pioggia e il riscaldamento domestico hanno di fatto vanificato gli effetti

Smog a Milano

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Milano, 13 gennaio 2021 - Nel 2020 i valori di Pm10 a Milano e in Lombardia non sono diminuiti in misura significativa nonostante i mesi di lockdown, nonostante le reiterate restrizioni agli spostamenti previste dal regime delle zone a colori e nonostante un ricorso senza precedenti al lavoro da remoto. A rivelarlo è il rapporto presentato ieri da Arpa e Regione Lombardia. Dati che, secondo i curatori del report, dimostrano come il Pm10 sia legato in modo non secondario anche a variabili indipendenti dal traffico veicolare. Discorso diverso per altri inquinanti, che invece calano in modo marcato, a partire dal biossido di azoto. 

Nel dettaglio, nell’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle, i giorni in cui si è superata la soglia critica dei 50 microgrammi per metro cubo di Pm10 sono stati meno di 35 soltanto nel 14% delle stazioni di rilevamento lombarde. In tutte le altre stazioni si sono contati più di 35 giorni con concentrazioni oltre il livello di guardia. Un tetto, quello dei 35 giorni, posto dall’Unione Europea. Nel 2019 le stazioni lombarde che erano rimaste sotto la soglia di pericolo erano state, invece, il 39% del totale. E nel 2018 il 41%. Sezionando i dati provincia per provincia, emerge che in quasi tutti i casi ci sono stati più giorni di sforamento nel 2020 che nel 2019. Nell’anno appena trascorso, a Milano si sono contati 90 giorni di Pm10 sopra i 50 microgrammi per metro cubo. Nel 2019 la conta si era fermata a 72 e nel 2018 a 79. Per trovare un valore peggiore di quello del 2020 bisogna tornare al 2017. Altrettanto vale per tutte le altre province lombarde, eccezion fatta per Pavia e Sondrio, che invece hanno avuto nel 2020 meno giorni di sforamento rispetto al 2019: 64 contro 65 nel caso di Pavia, 7 contro 9 nel caso di Sondrio.

Tornando a Milano, le centraline rilevarono una concentrazione di Pm10 superiore ai 50 microgrammi per metro cubo anche il 29 e il 30 marzo, vale a dire: nel mezzo del lockdown deciso per far fronte alla prima ondata di contagi da Coronavirus. Il 2020 si conferma invece in linea con i due anni precedenti se si guarda alla concentrazione media annua del Pm10 che risulta al di sotto del valore limite dei 40 milligrammi per metro cubo. Riepilogando, nel 2020 il lockdown, le restrizioni alla mobilità e il lavoro da remoto non hanno provocato un calo dei picchi di Pm10 ma, anzi, si è avuto un aumento degli stessi.

Le ragioni di questo dato controintuitivo sono due, secondo quanto riferito ieri da Stefano Checchin e Guido Lanzani, rispettivamente presidente e tecnico di Arpa Lombardia. Il primo ha a che fare con la pioggia: nei mesi di gennaio, febbraio e novembre 2020 le precipitazioni sono state al di sotto della media degli ultimi 15 anni. E questo non ha aiutato la dispersione degli inquinanti. La seconda ragione ha a che fare con le altre fonti di Pm10: il riscaldamento domestico, i cui consumi sono leggermente aumentati, e l’attività agricola, che non ha avuto stop. Come si anticipava, i livelli di No2 (biossido di Azoto) riferibili al traffico veicolare nel 2020 sono risultati i più bassi di sempre, con superamenti della media annua limitati a poche centraline di rilevazione. Da qui le conclusioni di Raffaele Cattaneo, assessore regionale all’Ambiente: «I dati sono sorprendenti perché il lockdown, con il conseguente blocco del traffico veicolare, non ha portato a una significativa diminuzione dei giorni di superamento del valore limite giornaliero di Pm10. Al contrario c’è stato un leggero incremento rispetto al biennio precedente, per il prevalere di fattori meteorologici negativi. Questo a dimostrazione che il traffico non è la principale causa dell’inquinamento da Pm10»

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