Inchiesta sui camici per Covid, Cattaneo: "Rifarei tutto"

L’assessore, sentito dai pm, replica così ai consiglieri del Movimento 5 Stelle che si sono presentati al Pirellone in divisa da medico

La protesta coi camici dei Cinque Stelle in Consiglio regionale

La protesta coi camici dei Cinque Stelle in Consiglio regionale

Milano, 15 luglio 2020 - A tener banco ieri in Consiglio regionale è stato il caso dei camici sanitari prima venduti e poi donati alla Regione Lombardia, attraverso la centrale d’acquisto Aria, dalla Dama Spa, l’azienda della quale è titolare Andrea Dini, il cognato del governatore lombardo Attilio Fontana, e della quale è socia al 10% anche la moglie dello stesso governatore nonché sorella di Dini.

Ad innescare il dibattito su una vicenda sulla quale sta indagando anche la procura sono stati i consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle, che si sono presentati in aula con dei camici per chiedere a Fontana di riferire sul caso. «I camici sono il simbolo del sacrificio, del coraggio e della generosità di migliaia di medici, infermieri e operatori sanitari che hanno lottato in prima linea contro il Coronavirus, salvando vite umane e alleviando le sofferenze di chi purtroppo è venuto a mancare – dichiara Massimo De Rosa, capogruppo del M5S in Consiglio regionale –. Da una parte la Lombardia che ha fatto tutto il possibile per il bene dei malati e per la comunità, dall’altra chi avrebbe invece dovuto gestire l’emergenza ma, stando a quanto sembrerebbe emergere dalle notizie che filtrano in questi giorni, era intento a pensare a tutt’altro. Fontana e la sua Giunta devono riferire e chiarire ogni aspetto in aula, davanti a consiglieri e cittadini, anche sulla base della richiesta presentata in aula dal M5S. I lombardi sono stanchi dell’ennesimo, indegno, teatrino di questa amministrazione capace solo di rinnegare i propri errori». 

A rispondere ai Cinque Stelle è stato Raffaele Cattaneo, assessore regionale all’Ambiente, che, secondo quanto emerso finora, avrebbe tenuto i contatti con la Dama Spa per la fornitura nel mirino dei magistrati. Una «risposta politica» perché l’assessore, sentito come testimone dai magistrati, è «chiamato al rispetto del segreto investigativo». «Qual era l’alternativa in quei giorni? Lasciare i nostri medici senza protezione, rimanere sul divano e scegliere la strada dell’irresponsabilità – ha contrattaccato Cattaneo –. Sapevo che avremmo corso dei rischi ma io personalmente rifarei tutto quello che ho fatto, perché in coscienza ritengo che sia stata la cosa giusta. In quei giorni – ha sottolineato l’assessore – sono stato destinatario di telefonate e richieste di moltissimi, dai banchi della maggioranza e dell’opposizione, anche del gruppo del Movimento 5 Stelle, di colleghi che mi hanno telefonato segnalandomi imprese, giustamente. Ho sentito personalmente decine di imprese e abbiamo portato a certificarsi con marchio “CE 61“ imprese che hanno prodotto camici».

Quindi l’affondo contro il Governo a guida Pd-M5S: «La prima domanda che dobbiamo farci è perché la Regione a metà marzo ha dovuto prima lanciare un appello pubblico e poi istituire una task force per reperire i dispositivi di protezione individuale. La risposta è una: lo si è dovuto fare per supplire alle mancanze del Governo».

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