"Quel giorno ero nel mio appartamento al tredicesimo piano quando ho sentito un forte odore di bruciato. Da quel momento le nostre vite sono sospese". Stefano Plebani, 37 anni, è uno dei residenti in attesa di rientrare nel grattacielo. Guarda le foto del rogo, e torna con la memoria a quella giornata di agosto. "Era un odore chimico – racconta – a un certo punto ho sentito le urla e d’istinto sono scappato, sono uscito dal grattacielo. Una volta sulla strada hanno iniziato a piovere dal cielo frammenti infuocati, in pochi istanti il nostro palazzo era tutto avvolto dalle fiamme".
Da allora Plebani vive "come un nomade". Il suo appartamento è andato completamente distrutto. "Quando sono a Milano mi ospita mia madre, che abita vicino alla torre – prosegue –. Uno dei danni è anche la perdita del computer, con tutti i miei lavori da freelance in memoria". L’obiettivo, per lui, è riuscire a entrare nella propria casa all’inizio del 2026.
"Sarebbe un bel risultato anche simbolico per la città che in quell’anno ospiterà le Olimpiadi invernali – sottolinea – un ritardo sarebbe una sconfitta per Milano. Chiediamo intanto una svolta sulla sicurezza, serve un monitoraggio anche in Italia sugli edifici a rischio. Noi eravamo convinti di vivere in case totalmente sicure, abbiamo rischiato la vita".