Incendio alla torre di via Antonini: "Indaghiamo sull’effetto lente"

Per gli investigatori il fuoco potrebbe essere stato innescato da un oggetto di vetro, forse da una bottiglia

Sta diventando un rompicapo la ricerca delle cause del rog

Sta diventando un rompicapo la ricerca delle cause del rog

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Milano, 7 settembre 2021 - "Effetto lente". Vale a dire la possibilità che il fuoco sia stato originato da un oggetto di vetro, come una bottiglia lasciata sul balcone, che avrebbe riflesso i raggi solari su un altro oggetto, per esempio un rifiuto, che a sua volta per l’alta temperatura avrebbe iniziato a bruciare. Otto giorni dopo l’incendio che ha ridotto a torcia la Torre dei Moro, il grattecielo di 18 piani in via Antonini, zona Famagosta, scartata ufficialmente l’ipotesi del cortocircuito, quella dell’ “effetto lente“, a sentire gli inquirenti, è una delle ipotesi al vaglio degli investigatori che lavorano "per esclusione" sulle cause del rogo. Infatti, nelle indagini condotte dai vigili del fuoco e dalla squadra di polizia giudiziaria del dipartimento guidato dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e coordinate anche dal pm Marina Petruzzella, i tecnici stanno verificando, oltre agli aspetti relativi alla sicurezza del grattacielo, anche le possibili cause del maxi rogo che si è originato certamente in un appartamento al 15esimo piano e molto probabilmente sul balcone. L’ipotesi di un cortocircuito è stata esclusa dato che il proprietario dell’abitazione e suo figlio, che viveva lì, hanno messo a verbale che la corrente elettrica era staccata (conferma che sarebbe arrivata dall’analisi sui consumi), così come aveva anticipato già il custode del palazzo, che entrava nell’appartamento ogni sette-dieci giorni da fine giugno, solo per dar da bere alle piante grasse. Le indagini si stanno dunque concentrando ora sull’ipotesi dell’ “effetto lente“, un caso più che fortuito e mai verificato in realtà nelle vicende di incendi milanesi almeno degli ultimi trent’anni: i raggi solari che riflessi da una bottiglia che potrebbero aver incendiato un rifiuto. Non ci sono certezze ovviamente, ma è un’ipotesi che - dicono gli inquirenti - viene presa in considerazione. Nel frattempo vari legali stanno depositando le nomine per le “persone offese“, ovvero i condomini che vivevano nella Torre. Ieri in Procura si è presentato l’avvocato Alessandro Keller, per conto di due inquilini di due appartamenti diversi, uno andato completamente distrutto. Lo stesso legale si sta muovendo per nominare un consulente e sta raccogliendo documentazione utile. Intanto l’avvocato Solange Marchignoli, che assiste alcuni residenti del palazzo di via Antonini, ha depositato la nomina come consulente dell’ingegner Massimo Bardazza. Se verranno disposti accertamenti irripetibili da parte della Procura, che potrebbe nominare esperti per le analisi, le persone offese, i legali e i consulenti potranno prendere parte. Gli inquirenti dovranno anche ascoltare i responsabili della Moro Real Estate, che ha realizzato la Torre, e quelli della Aza Corp (ex Aghito Zambonini) che ha realizzato il rivestimento esterno, che ha bruciato in pochi minuti perché fatto di "materiale altamente infiammabile". Diversi gli elementi, secondo i pm, che hanno reso la Torre "insicura". La Aza Aghito Zambonini, intanto, ha voluto precisare di non aver prodotto i pannelli esterni ma di averli acquistati "dalla società produttrice Alucoil s.a.u. di Burgos (Spagna)". Rivestimenti che "erano integralmente conformi alle specifiche tecniche del progetto e alle normative vigenti nel 2009", scelti "ed approvati dalla committenza dell’appalto". Nell’inchiesta per disastro colposo gli inquirenti stanno analizzando la documentazione raccolta, come i faldoni della concessione edilizia, basandosi sulle normative, tra cui un decreto del ‘68 in materia urbanistica.

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