NICOLA PALMA
Cronaca

Incendio in pasticceria, arrestato Canito

In cella il 46enne Lorenzo: è il fratello dell’uomo ferito a Quinto Romano

Incendio al Vivian's Bar

Milano, 30 gennaio 2019 - Due uomini spuntano all’improvviso davanti alla porta del locale. È da poco passata l’una dell’8 ottobre 2017, a quell’ora il centro commerciale Ara Luna di Arluno è chiuso. Uno dei due afferra una mazzetta da muratore e inizia a colpire con veemenza, un terzo complice fa da palo. La vetrina del bar pasticceria Vivian’s va in frantumi: i balordi entrano, arraffano i 90 euro in cassa e danno fuoco al locale con la benzina contenuta in un fustino da detersivo. A poco più di un anno da quell’incendio, i carabinieri della Compagnia di Legnano, coordinati dal capitano Francesco Cantarella, hanno chiuso il cerchio, eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico dei cinque presunti responsabili: secondo le accuse, il capo del gruppo era il 46enne Lorenzo Canito, fratello di Antonio detto «Caniggia» (arrestato nel 2013 perché sospettato di aver preso parte a una faida per una partita di droga) e del pluripregiudicato Massimiliano, gambizzato il 14 gennaio all’interno del bar Valor di via Quinto Romano.

La svolta decisiva all’inchiesta arriva nelle prime ore, quando il proprietario di un locale vicino al Vivian’s riferisce ai carabinieri di aver notato la presenza di alcuni sconosciuti al karaoke della sera prima. Le foto scattate durante la festa e le testimonianze di altri clienti aiutano gli investigatori a risalire ai primi due nomi: Fabio Giovanni Pecora, 43enne di Settimo Milanese, e Hedi Allije Ben, 31enne di Spino d’Adda, entrambi con precedenti per droga e resistenza. Il terzo uomo, quello che ha materialmente appiccato il fuoco, viene identificato dopo aver inviato la sua foto a tutte le stazioni dei carabinieri dislocate nei territori frequentati dai sodali: è il 44enne Mirco Miraglia, precedenti per furto e ricettazione e due tatuaggi su avambraccio sinistro (la scritta «AC Milan») e dorso della mano sinistra (un teschio). Poco dopo, i militari riescono a risalire pure agli altri due membri del gruppo criminale, quelli che prima hanno riempito di benzina il fustino da detersivo al distributore Repsol vicino al centro commerciale e poi hanno atteso in macchina i tre autori materiali dell’incendio doloso: si tratta del 53enne Marco Mecozzi e del 46enne Lorenzo Canito, che per il gip Franco Cantù Rajnoldi era «a capo della spedizione». I due, la ricostruzione degli uomini dell’Arma, hanno pure cercato di depistare le indagini. Sì, perché il giorno dopo il rogo Mecozzi si è recato alla stazione dei carabinieri di Corbetta per denunciare il furto della Bmw utilizzata per l’agguato.

L’11 ottobre è Canito a recarsi al commissariato Lorenteggio per segnalare l’avvistamento della Bmw in via Quarti, non a caso fortino della sua famiglia da sempre. In effetti, la dritta è corretta: gli agenti la ritroveranno proprio lì il 12 ottobre. A quel punto, Canito e Mecozzi si presentano in commissariato per riprendersi l’auto, ma i poliziotti non gliela ridanno: da accertamenti in banca dati è infatti emerso che l’auto è stata adoperata per commettere un reato (l’incendio sul quale stanno indagando i carabinieri da 72 ore). Così i due, forse per paura di essere stati scoperti, inventano una storia inverosimile: ammettono di essersi recati una sera in un distributore di Arluno per riempire una tanica di benzina e di aver saputo solo dopo che proprio ad Arluno era stato dato alle fiamme un locale e che probabilmente i responsabili avevano usato la loro Bmw. Versione demolita punto per punto dalla certosina indagine dei militari. Ai quali ora non resta che stabilire il movente del raid: ritorsione personale, tentativo di estorsione o altro?