
di Annamaria Lazzari
Tre giovani rom cercano di pestarlo di notte in via Porpora per rubargli il portafogli: ma lui, che è un fighter professionista, finisce per mandarli in ospedale. Hanno incrociato l’uomo sbagliato i balordi che alle 23 di martedì hanno accerchiato Bruno Danovaro. 51 primavere, originario di Genova ma milanese d’adozione, è un esperto di sicurezza e soprattutto campione di judo, pugilato, karate e ora di jujitsu (brasiliano e giapponese). In 112 incontri il lottatore non ha mai perso: vittoria anche all’ultimo match disputato il 22 febbraio a Savona, prima del lockdown che ha sospeso pure i tornei di sport da combattimento. "Aggressioni in strada? C’è solo un altro precedente sei anni fa. Ma dopo un ceffone i malviventi erano scappati. Chi mi vede dovrebbe capire che non faccio l’impiegato delle poste, con tutto il rispetto" afferma Danovaro, 77 chilogrammi per un metro e ottanta di altezza. Quello un po’ surreale di martedì notte è l’ultimo episodio nella carrellata di avventure incredibili che hanno costellato la sua vita. Roba elettrizzante, da scriverci un libro. Qualcuno ci ha già pensato una ventina di anni fa: un giornalista di classe come Claudio De Carli ha firmato la sua biografia, “L’uomo più forte del mondo”. Non un titolo esagerato: perché negli Stati Uniti, dove ha vissuto a cavallo fra gli anni ’90 e 2000, Danovaro ha strappato 22 record nel power lifting – è riuscito a sollevare anche 515 chilogrammi - ed è stato inserito, dallo Houston Journal, nella classifica dei cento uomini più potenti della terra. Era il 1999. Lui al 99esimo posto, al primo c’era Bill Clinton. Nel libro racconta di avergli stretto la mano, come aveva già fatto con George W. Bush. Ora cosa ci faceva "l’uomo più forte del mondo" alle 23 in via Porpora? Ecco il suo racconto: "Avevo appena smontato il turno da volontario alla Croce Rossa e mi stavo concedendo il mio unico “vizio”: fumare un sigaro cubano. A un certo punto sono comparsi 3 giovani rom tra i 20 e 25 anni. Erano molto nervosi ed agitati e mi sembrava che avessero assunto sostanze stupefacenti. Volevano il portafogli. Io ho cercato di fargli cambiare idea con le buone. Loro per tutta risposta mi hanno prima accerchiato e poi attaccato. Non potevo certo subire: sono finiti in ospedale. Sono intervenuti anche i carabinieri che li hanno fermati. Ho rinunciato alla denuncia".
Danovaro definisce i rom che ha incrociato "stupidotti" e forse gioverebbe sapere che nella sua vita ha dovuto affrontare, oltre agli avversari sul tatami, gente di ben altro calibro dopo aver denunciato l’uso degli anabolizzanti delle palestre e gli affari illeciti del narcotraffico. Da quando è tornato in Italia, nei primi del 2000, dopo il lungo soggiorno negli Usa, Danovaro ha aperto palestre, un albergo in Umbria e poi un maneggio a Vaprio d’Adda (ama i cavalli e il rodeo). Abituato ad allenarsi tre volte al giorno, in queste settimane di chiusura delle palestre si reca al centro di equitazione, per lavoro, in bicicletta, facendo 90 chilometri tra andata e ritorno, invece che usare la macchina. Fa i pesi in casa. Non è un uomo che ha intenzione di fermarsi. Tra i prossimi obiettivi, nuovi match di jujitsu nel circuito di Dubai – il più prestigioso a livello professionistico - e una partita di football americano nelle file dei Rams Milano, dal significato speciale. Il suo presidente ed ex quarterback, Paolo Crosti, è scomparso lo scorso mese a causa del coronavirus: "Era un amico carissimo. Voglio giocare nel suo ruolo e fare una partita in suo onore".