"Imane Fadil morì per malattia Nessun medico è responsabile"

Archiviata l’inchiesta a carico di 12 sanitari sul decesso della modella. Inizialmente fu “spy story“

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Si chiude, dopo oltre 3 anni, il caso della morte di Imane Fadil, modella e teste “chiave“ nella vicenda Ruby, deceduta il primo marzo 2019 dopo più di un mese di ricovero e una lunga agonia per una rara forma di aplasia midollare. Il gip di Milano ha disposto, come chiesto dai pm, l’archiviazione per 12 medici dell’Humanitas che erano stati iscritti per omicidio colposo in nuove indagini ordinate dal giudice. E ha escluso loro responsabilità. I pm avevano pure indagato ipotizzando un omicidio da spy story con sospetti su un avvelenamento con sostanze radioattive. Nell’ottobre 2021 i pm avevano chiesto di archiviare le posizioni dei 12 medici dell’Humanitas di Rozzano, nel Milanese, iscritti per omicidio colposo. Una richiesta arrivata dopo che una nuova consulenza medico legale disposta dagli inquirenti, su ordine del gip Alessandra Cecchelli che aveva di fatto riaperto le indagini, aveva escluso loro responsabilità penali. Non c’è prova, avevano chiarito i consulenti, che "una gestione clinica differente della vicenda avrebbe senza dubbio scongiurato il verificarsi del decesso".

I pm hanno scritto che "le integrazioni istruttorie" non hanno consentito di "pervenire a valutazioni in ordine alla responsabilità penale di alcuno" dei medici delle equipe di Medicina generale e Terapia intensiva che presero in cura Fadil. Sulla stessa linea il gip che ha disposto l’archiviazione. Si trattava della seconda richiesta di archiviazione dopo quella per il primo fascicolo in cui si contestava l’omicidio volontario a carico di ignoti. Istanza che il gip aveva respinto ordinando nuove analisi sull’operato dei medici, dopo che i familiari della modella marocchina, rappresentati dai legali Mirko Mazzali e Nicola Quatrano, si erano opposti.

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